L’importanza del suo contributo al radicamento sociale e alla crescita elettorale del PCI non è stata sinora adeguatamente studiata e analizzata.
Dal 1954, anno del suo allontanamento dalla segreteria nazionale del partito, calò il silenzio sulla sua importante attività di dirigente. Emarginato, gli furono affidate responsabilità istituzionali( la vicepresidenza del Senato) alle quali non si sentiva particolarmente vocato.
Giovani compagni entrati nel Partito comunista tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli anni Ottanta ignoravano quasi totalmente chi fosse e cosa avesse fatto.Ovviamente non vi era alcun interesse da parte di settori rilevanti del gruppo dirigente comunista ad approfondire la sua opera.
La sua particolare attenzione alle questioni di politica internazionale lo portò a viaggiare molto, specialmente in America Latina.
Si recò in Cile dopo la vittoria di Allende, e fu proprio in occasione di un suo viaggio politico che agenti della Cia lo avvelenarono.
Al suo ritorno a Roma, le sue condizioni di salute risultarono molto gravi e nel giro di poche settimane morì il 7 luglio 1973.
Sulle cause della sua morte il PCI non fece mai chiarezza, anche se vi fu qualche timido accenno da parte di Paolo Bufalini.
I suoi scritti storici hanno contribuito in maniera significativa alla ricostruzione del ruolo svolto dal PCI negli anni della clandestinità e della Resistenza.
Di importanza fondamentale è la lettura dei suoi diari,pieni di riflessioni e notazioni interessanti.
Pietro Secchia è stato un grande dirigente comunista di origine operaia, un uomo sensibile,ironico,gentile,mai supponente,aperto al confronto e alla discussione.
“Un vero rivoluzionario dev’essere capace di vincere personalismi e risentimenti, dev’essere capace di mettere al di sopra della sua personalità, del suo io, del suo orgoglio che alle volte si scambia per prestigio, l’interesse del partito e della causa del socialismo”.



