SERGIO MATTARELLA, PRESIDENTE E UNICO GARANTE DELL’ITALIA DI FRONTE A UN PARLAMENTARISMO TUTTO DA RISCRIVERE

0
30

Di lui il Banchiere internazionale e scrittore Beppe Ghisolfi ha detto: “Un riferimento di alta capacità umana e istituzionale decisivo nei momenti più complessi della nostra Repubblica”

Il Capo dello Stato fu il solo a replicare autorevolmente alla Presidente delle BCE, Christine Lagarde, a inizio pandemia: “L’Italia merita aiuti, non ostacoli”.

L’Italia rimane ai sensi della Costituzione una Repubblica parlamentare che come tale rispetta tutti i riti del parlamentarismo inclusi i più formali.

Fu tuttavia il compianto Presidente della Repubblica Francesco Cossiga, agli inizi degli anni novanta, a imprimere all’istituzione del Quirinale una velocità e una capacità di interventismo più incisiva che in precedenza.

Erano i tempi convulsi delle prime crepe del preesistente sistema partitico che aveva sorretto l’Italia, dalla maggioranza e dall’opposizione, dal secondo dopoguerra fino alla primavera del 1992.
I successivi capì di Stato – Scalfaro, Ciampi, Napolitano e dal 2015 Mattarella – hanno visto, di fronte alle incurabili debolezze dei partiti sorti dalla decadenza della prima Repubblica, le proprie prerogative di fatto accrescersi sia volontariamente che, soprattutto, per necessità e per superare un immobilismo che altrimenti si sarebbe cronicizzato e che avrebbe investito non solo i singoli governi ma lo stesso Quirinale.

Basti pensare all’emergenza costituzionale che si creò nella primavera del 2013, quando Napolitano dovette accettare di succedere a se stesso come Capo dello Stato, salvo poi rassegnare le dimissioni a inizio 2015: l’allora Premier e segretario del PD Matteo Renzi indicò allora Sergio Mattarella come nuovo Presidente della Repubblica. Nel corso dei sette anni del proprio incarico di più alta carica dello Stato, Mattarella ha gestito le crisi dei governi Renzi, Gentiloni, Conte 1 e 2 e l’avvento del governo di Mario Draghi. Nel mezzo del Conte 2 e del Governo Draghi, sopraggiunge il disastro mondiale della pandemia da coronavirus, che nella prima ondata flagella l’Italia in misura drammatica. Draghi ha appena lasciato la presidenza della Banca centrale europea e gli è subentrata Christine Lagarde. La quale, a dir poco incautamente, di fronte ai primi crolli dell’economia mondiale e al rischio di collasso di quella Italiana, si azzarda a dichiarare che compito della BCE non è quello di combattere gli spread.

Immediata la replica di Sergio dall’alto del Quirinale: “L’Italia ha bisogno di sostegno, non di ostacoli”. La conseguenza è che Lagarde riconferma la strategia di Draghi di mettere a disposizione degli Stati europei più colpiti dalla pandemia l’ombrello della Banca centrale per rendere sostenibile il maggior debito pubblico necessario a fronteggiare le emergenze sanitarie, industriali, sociali e di bilancio.


Siamo quindi arrivati all’inizio dell’anno in corso, e la politica partitica e parlamentare torna a dare il peggio di sé: sebbene Sergio Mattarella con grande fermezza abbia dichiarato di non voler più creare deroghe alla Costituzione, il suo successore non scaturisce da alcuna consultazione tra i gruppi parlamentari. I quali pertanto, ritenendo Draghi più utile a palazzo Chigi, ottengono da Sergio il sospirato assenso a un Mattarella bis. Il secondo mandato del rieletto presidente della Repubblica inizia in un quadro mondiale peggiorato, con l’aggressione russa contro l’Ucraina e l’esigenza oramai dirompente di orientare le strategie di governo per fare fronte alla nuova emergenza inflazionistica ed energetica.

Arriviamo quindi a questa mattina: Draghi conferma le dimissioni, respinte in un primo tempo da Mattarella. Al quale compete adesso accompagnare il Paese al voto anticipato nel modo meno traumatico possibile.

Con l’auspicio che gli Italiani potranno esprimere, il 18 o il 25 settembre nei seggi elettorali, una saggezza analoga a quella del loro, del nostro capo dello Stato.

Dir. politico Alessandro ZORGNIOTTI