POLO DI CENTRO: CALENDA FRONT RUNNER DEL LISTONE UNICO CON RENZI (E PIZZAROTTI)

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Dopo la rottura con il democratico Enrico Letta e con la radicale Emma Bonino, Carlo Calenda ha scelto di correre come front runner del listone unico di centro creato con Matteo Renzi e con l’ex sindaco di Parma Federico Pizzarotti

Il simbolo a cerchio, che comparirà sulla scheda elettorale, ospita i loghi di Azione e Italia viva e mette in risalto in maniera cubitale il nome di Calenda con il sottotitolo di renew Europe, il raggruppamento dei liberali al Parlamento europeo.

Matteo Renzi ha pertanto deciso di svolgere un ruolo più da centrocampista e da lanciatore di assist, concentrando il proprio impegno in una serie di collegi uninominali e plurinominali dove il risultato della lista di centro, in base ad alcuni sondaggi, potrebbe essere determinante al fine di impedire alla coalizione di destra centro di ottenere la maggioranza dei due terzi alla Camera e soprattutto al Senato, dove la riduzione numerica dei parlamentari si spera possa rendere determinanti i parlamentari di fede centrista dei vari schieramenti, così da arginare una ipotetica Giorgia Meloni Premier.

Missione non facile, perché il listone unico Calenda Renzi (e Pizzarotti) dovrebbe conseguire una cifra elettorale prossima al dieci per cento, e sullo sfondo di tutto pesa l’incognita della maggiore o minore tendenza astensionista, oggi indicata in un 42 per cento di aventi diritto che dalle più aggiornate rilevazioni avrebbero deciso di restare a casa il 25 settembre.

Il fine ultimo del listone non è quello di far fare a Calenda il sindaco d’Italia, dopo che nell’autunno del 2021 una lista analoga ha cercato di fargli fare il sindaco di Roma con un discreto successo e con un buon terzo posto alle spalle di Roberto Gualtieri attuale primo cittadino della capitale.

No: il fine ultimo è scommettere sulla eterogeneità sostanziale della coalizione di centrodestra (come dimostra il caso siciliano del dopo Musumeci, meno unita di quanto si pensi), e portare in Parlamento una pattuglia di eletti determinati, in caso di problemi della futura coalizione di destra centro, a riportare Mario Draghi a palazzo Chigi; oppure, se l’ex Banchiere centrale non fosse più disponibile, una personalità altrettanto autorevole in grado di interpretare e proseguire l’esperienza dell’agenda Draghi.

Il punto primo è pertanto la lotta al bipolarismo malato diventato bipopulismo di destra e di sinistra, per usare una definizione cara a Calenda; e puntare immediatamente all’autonomia energetica del Paese con il varo del rigassificatore di Piombino e di ulteriori impianti di termovalorizzazione e di produzione diversificata di energia a ridotto livello di dipendenza da shock esterni.

Sul fronte internazionale, l’imperativo è rafforzare la vocazione europeista e atlantista italiana confermando la piena solidarietà all’Ucraina e alle politiche, condivise a livello occidentale, di invio di armi a Kiev per consentire il diritto alla legittima difesa contro l’aggressione russa.

Sul capitolo del welfare, viene lanciata l’operazione verità: nessuna quota 100, ma interventi per rilanciare il potere d’acquisto di salari e pensioni, con lo strumento della fiscalità negativa e dell’accredito diretto delle detrazioni al 19 per cento sulla carta di credito (come incentivo anche a contrastare l’evasione fiscale e la mancata emissione di fatture), e conferma dell’impianto di fondo della legge Fornero con la previsione di alcune eccezioni in modo da garantire una certa flessibilità in uscita per determinate categorie lavorative classificate come usuranti.

Viene proposto un patto generazionale: ogni euro in più economizzato nel bilancio dello Stato deve essere ridestinato alla scuola e alla sanità, per favorire la crescita del livello medio di educazione e conoscenza e per mettere fine alla piaga sociale delle liste di attesa che obbligano gli italiani – ha dichiarato Calenda – a spendere oltre 40 miliardi nel settore privato per prestazioni che dovrebbero essere garantite dal pubblico. Obiettivi, secondo i due leader centristi, che sono raggiungibili utilizzando in maniera puntuale e tempestiva i fondi del Pnrr a valere sulle missioni dell’istruzione e della salute.

Collegato alla politica della spesa è quella della gestione delle entrate di bilancio: viene dichiarata la dannosità della flat tax del centrodestra, che aumenterebbe i divari sociali e imporrebbe tagli proprio alla scuola e alla sanità, e si punta a un sistema tributario fondato su tre sole aliquote Irpef, una no tax area sul primo scaglione di reddito pari a 10.000 euro annui, corrispondente al reddito essenziale di sussistenza, e per abolire il reddito di cittadinanza e le sue storture viene introdotto il principio dell’aliquota negativa. Quest’ultimo prevede, per combattere la piaga del lavoro povero e sottopagato, che chi viene avviato a un’attività lavorativa, se al di sotto dei 10.000 euro annui, abbia diritto a beneficiare di una aliquota Irpef negativa, in pratica un beneficio fiscale che porterebbe le entrate totali a raggiungere in maniera cumulativa la soglia dei 10.000 euro in base al principio del “più lavori, più lo Stato ti aiuta”.

Secondo l’onorevole Marattin di Italia viva, tale misura avrebbe l’effetto di avvicinare progressivamente l’Italia alle direttive europee in tema di salario minimo per combattere il fenomeno del poor work, il lavoro povero.

Al centro dell’agenda Calenda Renzi vi sarebbe poi il ritorno all’industria 4.0, il provvedimento che venne varato quando il primo era il ministro dello sviluppo economico nel governo del secondo, e che stabiliva una maxi deduzione fino al 150 per cento per investimenti finalizzati alla digitalizzazione e alla interconnessione dei processi produttivi, e alla formazione dei lavoratori verso le nuove metodologie fondate sulla interazione e sulla collaborazione tra personale addetto e tecnologia avanzata.

Dir. politico Alessandro ZORGNIOTTI