“DANNOSA LA TASSAZIONE DEI RISPARMI, PER I QUALI SERVONO INCENTIVI E NON IMPOSTE”

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L’indagine dell’associazione sindacale Fabi promuove l’azione di Mario Draghi alla guida della BCE, e critica l’assenza di strategie in capo ai partiti neo programmi elettorali per il 25 settembre

Il Professor Ghisolfi, nei propri video editoriali, ha sottolineato l’importanza di una grande operazione di fiducia, che alla propria radice ha l’educazione finanziaria, al fine di trasformare gli accantonamenti delle famiglie italiane in un motore di ripartenza economica produttiva.

Il bazooka di Mario Draghi ha svolto – ai tempi della presidenza della BCE – la duplice funzione di uno scudo e di un moltiplicatore nei confronti del risparmio e più in generale della ricchezza finanziaria in valori assoluti delle famiglie italiane, cresciuta infatti nella misura del 50 per cento nel corso degli ultimi dieci anni, quindi con una media annuale tale da avere sempre ampiamente assorbito l’inflazione creando altresì le basi per attutire in via preventiva gli shock creati tra il 2020 e il 2022 da pandemia e guerra.

Lando Maria Sileoni, segretario generale della federazione sindacale Fabi, nel presentare la rilevazione condotta dall’importante organizzazione associativa, e nella quale si fornisce la cifra attualizzata di 5256 miliardi di euro di ricchezza finanziaria – quindi il totale del valore degli assetti patrimoniali delle famiglie del nostro Paese, salito di 1700 miliardi dal 2012 a oggi -, conferma gli elogi all’operato di Mario Draghi, Banchiere centrale sino a fine 2019 e attuale Premier dimissionario; ma allo stesso tempo ribadisce un’opinione critica verso i partiti che nei rispettivi programmi della campagna elettorale in corso non dedicano il giusto doveroso risalto a un fattore strutturale di decisiva importanza per fare ripartire l’economia reale del Belpaese schiacciata da rincari energetici, alta inflazione e fiscalità ostile. Quella stessa fiscalità che rappresenta, viceversa, la sola circostanza nella quale si parla del risparmio tricolore, al fine però di tassarlo con ipotesi di tipo patrimoniale le quali, pur volendosi limitare formalmente ai patrimoni definiti di più elevato ammontare, finirebbero con l’avere un effetto indotto sulle ricchezze dei ceti medi sempre più piccoli.

“Sarebbero dannosi – prosegue l’alto dirigente Fabi – interventi fiscali coercitivi su grandezze finanziarie già ampiamente tassate, in quanto rappresentative delle quote non spese dei redditi netti degli Italiani. Invece, occorre una politica corretta di TUTELA E INCENTIVAZIONE del risparmio diffuso, al fine di canalizzare lo stesso verso investimenti produttivi in settori strategici capaci di accompagnare la piena e puntuale attuazione del Pnrr”. Pertanto con un doppio risultato: permettere all’Italia di utilizzare tutti i fondi a condizionalità messi a disposizione dall’Unione Europea, e offrire alle risorse così investite un’opportunità di difesa dall’inflazione e di sostegno alla crescita di quelle attività volte a produrre i beni e servizi oggi carenti sul mercato domestico interno.

L’indagine dimostra come la liquidità resti la forma preferita di accantonamento del risparmio, per un totale di 1629 miliardi corrispondente a un 45 per cento al confronto con il 2012, in pratica un terzo abbondante lasciato giacente su conti correnti e depositi.
Scende invece l’appeal delle obbligazioni, mentre sale nettamente la capacità attrattiva dei fondi comuni, con un evidente margine di vantaggio nei confronti dei fondi esteri a discapito di quelli che investono in titoli italiani e che ammontano infatti a 234 miliardi a fronte dei 536 raccolti dai primi. Un punto, quest’ultimo, che induce più di un profilo di riflessione sulla necessità di una forte opera di educazione finanziaria e alla pianificazione patrimoniale indirizzata tanto alle famiglie quanto alle imprese – la cui bassa capitalizzazione le sta ulteriormente penalizzando nell’attuale periodo di alte tariffe energetiche – ma (se si esclude il meritorio accenno alla proposta di introduzione dell’obbligo di alfabetizzazione economica contenuta nel programma di Azione) nei confronti di una simile necessità i partiti e le coalizioni in campo paiono tacere.

A questo punto, come redazione, ci sentiremmo di fare nostra la proposta che venne lanciata dallo stesso Professor Beppe Ghisolfi all’indomani dell’insediamento di Mario Draghi a palazzo Chigi: e se uno stanziamento di un miliardo di euro fosse utilizzato, nell’ambito del capitolo istruzione del Pnrr, per stabilizzare in via definitiva l’educazione alla finanza nel nostro ordinamento didattico e formativo? L’impatto sul PIL e sull’assorbimento dell’inflazione sarebbe tale da determinare il rifinanziamento spontaneo di un tale capitolo.
Perché il risparmio non ha bisogno di nuove imposizioni; necessita semmai di innovative indicazioni.

Dir. politico Alessandro ZORGNIOTTI