PUTIN E XI, DUE LEADER DIMEZZATI E ALLEATI (MA NON TROPPO) PER NECESSITÀ

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Il vertice di Samarcanda, città simbolo dello Stato di Uzbekistan, tra i leader di Mosca e di Pechino ha evidenziato un asse convergente dal punto di vista di quella che le cancellerie di Russia e Cina considerano una pesante ingerenza degli Stati Uniti d’America nei confronti delle vicende di Ucraina e Taiwan

Purtuttavia, la Repubblica popolare comunista cinese, divenuta nel corso degli ultimi 22 anni – esattamente da quando gli USA e l’Unione Europea acconsentirono al suo ingresso nella famiglia dell’organizzazione mondiale del commercio Wto – la seconda economia del pianeta, con molte conseguenti interazioni con l’Occidente, non è intenzionata a sbilanciarsi eccessivamente su posizioni antiamericane e antitetiche agli interessi dell’Ovest del mondo.

Tanto che, nell’ambito dello stesso vertice di Samarcanda – città simbolo di confluenze di civiltà resa celebre da una canzone del nostro cantautore Roberto Vecchioni oltre che da un programma di attualità Rai del giornalista Michele Santoro – sono emerse prospettive molto più ampie che interessano in particolare le mire espansioniste di Pechino nella regione medio orientale, a partire dal progetto di collegamento ferroviario internazionale veloce a vocazione transnazionale destinato a ricongiungere, a partire da Pechino, tutta la macro area a sud della federazione Russa, e a coinvolgere una pluralità di Nazioni non propriamente allineate alla linea belligerante di Mosca.

Una tale opera infrastrutturale epocale, destinata a imprimere una permanente accelerazione in avanti, e sui livelli di fascia più alta, le potenzialità e le prospettive del turismo degli Stati attraversati e percorsi, così come la capacità di interconnessione logistica e industriale da e verso l’esterno, comporta una serie di necessarie interdipendenze con le manifatture occidentali, motivo per cui la Cina non ha alcun interesse a oltrepassare una linea di tollerabilità, nell’appoggio accordato a Mosca, al di là della quale scatterebbero inevitabili le sanzioni commerciali e finanziarie.

Proprio sulla base di queste considerazioni, l’America di Joe Biden – portandosi su un crinale bellicista non di rado criticato per i suoi eccessi da una parte delle opinioni pubbliche europee in particolare – ha scelto l’opzione della contrapposizione nei confronti di Putin sull’Ucraina e di Xi su Taiwan, e dell’assenso all’assistenza militare – sino a che servirà – nei confronti di queste due Nazioni che fieramente e giustamente rifiutano di riconoscersi come parte della federazione russa e della Cina maoista.

Di contro, gli USA scontano verso il resto del mondo, e in special modo verso Europa e Cina, un elevato stock del proprio debito commerciale e pubblico che ha superato oramai la soglia attenzione del 70 per cento del prodotto interno lordo. Insomma, una partita a scacchi multipolare nella quale, per il momento, nessuno è nelle condizioni, o nelle intenzioni, di compiere la fatidica mossa dello scacco matto nei confronti del proprio avversario.

Dir politico Alessandro ZORGNIOTTI