Dopo il Reddito, Meloni vuole tagliare anche il Superbonus

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Giorgia Meloni sa che nella prossima legge di Bilancio, il primo banco di prova del suo governo non potrà rispettare subito le tante misure (costosissime) promesse in campagna elettorale da lei e dalla sua coalizione

Lo spazio di bilancio sarà strettissimo e i pochi miliardi che il governo potrà spendere saranno spesi solo per far fronte al caro-bollette. Però qualche segnale politico Meloni è intenzionata a darlo: in primis, un colpo al Reddito di cittadinanza, modificando i criteri per averlo (dopo un’offerta di lavoro si perde l’assegno) in continuità con i tentativi di Lega e Forza Italia che durante il governo Draghi sono riusciti a depotenziare la misura simbolo del M5S.

L’altro dossier su cui stanno lavorando Maurizio Leo (responsabile economico di Fratelli d’Italia) e Giovanbattista Fazzolari (responsabile del programma) è un taglio del Superbonus 110% tanto osteggiato del premier e anch’essa tra le battaglie simbolo del M5S contiano. Costa circa 20 miliardi e insieme ai 9 del Reddito di cittadinanza viene considerato dalle teste d’uovo di Fratelli d’Italia una spesa da aggredire per trovare qualche risorsa in più ed evitare un aumento di tasse.

Un obiettivo, quello del taglio del Superbonus, già previsto nel programma elettorale di Frateli d’Italia. L’idea di partenza, ancora allo studio ma che potrebbe diventare concreta già nella prossima legge di Bilancio, è quella di tutelare quelli che Meloni chiama gli “esodati del 110%”, cioè salvaguardare coloro che hanno già iniziato i lavori e accompagnarli alla scadenza della norma.

Quindi chi ha effettuato un terzo dei lavori entro il 30 settembre potrà farlo fino a fine anno, mentre per i condomini c’è tempo fino al 2023. Per tutti gli altri invece l’obiettivo è quello di riordinare i bonus edilizi eliminando le diverse aliquote portandole a una sola che si attesti tra il 65 e il 70%. Un taglio drastico rispetto al 110% del Movimento 5 Stelle.

Una semplificazione che piace anche a Giorgio Spaziani Testa, presidente di Confedilizia, che ieri si è detto d’accordo con “quello che sta emergendo da parte della nuova maggioranza e del presidente Giorgia Meloni” per “un sistema per il futuro, equilibrato magari con aliquote, non tantissime come ce ne sono ora”. Ipotesi condivisa politicamente anche dal coordinatore di Forza Italia, Antonio Tajani, che ha chiesto un taglio del Superbonus già in questa legge di Bilancio, mentre potrebbe provocare qualche distinguo interno nella coalizione: la Lega ha sempre difeso, anche se moderatamente, la misura.

Cosa che non ha fatto Mario Draghi: il taglio al Superbonus sarebbe in perfetta continuità tra il premier uscente e Meloni. Il primo infatti ha sempre ritenuto la misura “iniqua” tanto da averla attaccata fino in fondo anche nel suo discorso finale in Senato prima di andare a dimettersi al Quirinale. Tra gli applausi dei senatori del centrodestra, anche quelli di Fratelli d’Italia. Un’altra divisione nella maggioranza la sta provocando la questione sull’autonomia.

Se la modifica del Reddito di cittadinanza e del Superbonus voluta da Fratelli d’Italia sarebbe un colpo al Mezzogiorno, il partito di Meloni è più cauto sull’autonomia.

Battaglia leghista fondamentale per il futuro di Matteo Salvini: i governatori hanno legato l’autonomia differenziata delle Regioni del Nord al suo mandato nella Lega. “A costo di far cadere un governo”, ha minacciato nei giorni scorsi il governatore del Veneto, Luca Zaia. Salvini così, nel consiglio federale di martedì, ha ribadito che l’autonomia si può fare “anche nel primo Consiglio dei ministri”.

Ma Fratelli d’Italia, storico partito centralista, è molto più cauta: Fabio Rampelli spiega che i tempi per l’autonomia saranno più lunghi: “La faremo con le giuste compensazioni, ma insieme al presidenzialismo”. Come dire: non è la priorità.

GIACOMO SALVINI