BOLLETTE, CON LE TARIFFE SALE LA PROTESTA: GIÀ OLTRE 200.000 UTENTI PRONTI A NON PAGARLE

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Scenari da anni settanta, quando le famiglie operaie e impiegate attuavano proteste come quella di pagare la tariffa di base della fattura energetica limitatamente a un importo corrispondente a quello prima dell’aumento a parità di consumo

Sale l’incubo di dover sostenere un costo medio giornaliero oltre i 40 euro per illuminazione e riscaldamento domestico nelle unità abitative appartenenti alla classe energetica più vetusta, in pratica la gran parte del patrimonio residenziale privato del nostro Paese.

Per la prima volta dall’inizio dell’emergenza connessa ai rincari, si uniscono alle mobilitazioni – sempre più numerose e frequenti in ogni regione d’Italia – categorie aziendali e lavorative corrispondenti a produzioni di prima necessità come il pane, e la Storia insegna che da questo alimento di base sono nate le grandi rivoluzioni, in ogni epoca, dei ceti medi impoveriti e non più rappresentati.

L’attuale sistema esattoriale, alla cui costruzione normativa e applicativa ha contribuito quel tale Giulio Tremonti – da ministro dell’ultimo Governo Berlusconi – che alcuni vorrebbero riportare sulla poltrona del dicastero dell’economia (ipotesi più flebile dopo la sconfitta del fiscalista varesotto ora trasmigrato in Fratelli d’Italia), prevede che, al pari del mancato versamento di imposte, tasse e multe, anche per le bollette non saldate scattino i medesimi meccanismi di lievitazione delle somme dovute all’ente creditore e di recupero coattivo, modello ex Equitalia, delle stesse.

Del resto, sono 26 milioni le cartelle esattoriali che, dopo la sospensione deliberata dal governo Conte bis nella prima e seconda ondata pandemica, si apprestano a essere nuovamente recapitate e notificate nelle case e nelle aziende di debitori rimasti nel frattempo senza occupazione, senza entrate correnti, senza clienti paganti.

Stante il sostanziale fallimento delle precedenti edizioni della pace fiscale, si pensa a una soluzione più incisiva di saldo e stralcio per incassare all’erario statale, senza più opprimere né perseguitare i contribuenti morosi, una percentuale anche piccola di quei 1100 miliardi giacenti nel cassetto di agenzia entrate riscossione il cui direttore generale, Ernesto Maria Ruffini, ha stimato che solo 6 euro ogni 100 contestati saranno recuperabili effettivamente.

Perché, allora, non agire preventivamente con un provvedimento estintivo bonario di tipo totale che avrebbe un triplice effetto? Ossia, mettere subito a disposizione alcune decine di miliardi di euro, senza scostamenti, per coprire i rincari dei prezzi energetici al dettaglio a favore di famiglie e imprese lungo la stagione invernale? Risparmiare al bilancio dello Stato molte decine di milioni di euro oggi necessari per la molto complessa gestione di quei 26 milioni di cartelle? In ultimo poi, ma non per importanza anzi, il provvedimento di estinzione integrale del pregresso fiscale avrebbe l’effetto di fare emergere capitali, patrimoni e risparmi destinati a tradursi in liquidità a favore del sistema Italia prevedendo un vincolo di destinazione verso la sottoscrizione di obbligazioni statali e bancarie con cui finanziare investimenti in progetti aziendali e in infrastrutture complementari al Pnrr.

Del resto, non va dimenticato che la Germania – oggi al centro di grandi critiche, pure di parte italiana, per il maxi piano in stile britannico da 200 miliardi contro l’inflazione – può disporre di margini di bilancio pubblico più favorevoli di quelli italiani, non soltanto per il proprio ordinamento interno meno dispersivo e quindi meno costoso di quello italiano, ma altresì perché nel corso della seconda parte del secolo scorso ha beneficiato di ben due “condoni” debitori: uno subito dopo la conclusione del secondo conflitto mondiale, l’altro successivamente alla proclamazione dell’unificazione della Repubblica democratica tedesca, ex comunista, in quella federale tedesca atlantica e governata da Helmut Kohl.

Giorgia Meloni, premier del futuro Governo di destra centro designato dal voto maggioritario degli Italiani, ha già annunciato che si farà coadiuvare, di fatto, dall’uscente Mario Draghi con l’obiettivo di negoziare fin da metà ottobre, a Bruxelles, la costituzione di un fondo europeo di solidarietà sull’energia, affinché possa esservi una mutualizzazione dei costi che i vari Stati della UE dovranno sostenere per neutralizzare gli effetti dell’inflazione su consumi e investimenti, così da creare una condizione di sostanziale parità e uguaglianza tra Paesi a prescindere dalle maggiori o minori capacità fiscali e di bilancio. Un simile strumento, al pari di quelli messi a punto per contrastare due anni e mezzo fa lo shock della pandemia sanitaria, avrebbe altresì l’effetto di proteggere l’Europa comunitaria e l’euro dalla speculazione sui titoli dei debiti sovrani alla base sia del perdurare degli spread (risalito dopo la parziale chiusura dell’ombrello della BCE), sia degli aumenti difensivi decisi dalla Banca centrale di Francoforte sul costo del denaro per rafforzare la moneta unica.

Dir politico Alessandro ZORGNIOTTI