Usura: nel Lazio giro d’affari da 40 milioni

0
19

Un mercato ricco di potenzialità sopratutto grazie ai prodotti d’eccellenza, che non riesce a decollare anche per il peso esercitato dalla agromafie e dal lavoro irregolare

E’ in sintesi il quadro emerso nel primo rapporto presentato da Coldieìretti ed elaborato dall’osservatorio regionale sulle criminalità nelle filiere dell’agroalimentare del Lazio.
Dal cibo non si può prescindere.

Dunque nell’agroalimentare la circolazione del denaro è assicurata. Per questo il settore è molto attrattivo. Lo è per per il mercato sano. Ma anche per le organizzazioni criminali.

Che sono penetrate nei gangli del settore agroalimentare sfruttando i conti in rosso anche di aziende sane, messe in ginocchio da pandemia prima e crisi energetica poi.
Camorra, ‘ndrangheta, organizzazioni locali si infilano soprattutto nei settori della logistica, come stoccaggio e trasporti.

I territori con le maggiori criticità sono quelli dell’agro romano e pontino. Ma il fenomeno dell’usura ad esempio, si è diffuso anche in altri territori.
Il tasso medio è del 120% per un giro di affari nel medio e lungo periodo di 40 milioni di euro.
Ma l’usura permette alla criminalità organizzata, di penetrare soprattuto nell’economia legale. Chi non può pagare gli strozzini deve cedere merce e a volta anche la stessa proprietà dell’azienda.
Poi c’è il tema della manodopera. 

Una zona grigia dove a dominare sono lunghi orari di lavoro e basse retribuzioni, impieghi massacranti e pericolosi svolti per la quasi totalità dai migranti. Nonostante negli ultimi anni anche nel Lazio sia aumentato il numero di lavoratori agricoli contrattualizzati, nell’agro romano e nell’agro pontino, due tra le zone di produzione più importanti d’Europa, la realtà è tutt’ora in gran parte basata sullo sfruttamento dei braccianti da parte dei caporali.

Il rapporto sulla criminalità delle filiere agroalimentari dice che qui le paghe si aggirano attorno ai 500-700 euro al mese, oltre un terzo in meno agli standard previsti