Alla fin fine, soltanto un elettore su due, sia in Lombardia che nel Lazio, si recherà ai seggi per eleggere il Presidente di Regione e il Consiglio regionale, ossia il “parlamentino” investito del compito di legiferare su base territoriale
Il totale dei posti in palio è di 131 seggi, suddivisi tra gli ottanta della Lombardia e i 51 del Lazio, inclusi i rispettivi “governatori”, ossia gli stessi presidenti di Regione, che dal 2000 sono eletti direttamente dai cittadini maggiorenni e nominano successivamente la giunta regionale, ossia il Governo locale formato dagli assessori.
La Lombardia è amministrata ininterrottamente dal 1995 da coalizioni di centrodestra, mentre il Lazio ha evidenziato una certa alternanza fra centrosinistra e centrodestra.
Il voto in queste due Regioni è sfasato temporalmente rispetto a quello delle altre regioni a statuto ordinario, poiché alcune vicende legali delle allora Giunte di Roberto Formigoni in Lombardia e di Renata Polverini nel Lazio portarono nel 2013 alle dimissioni e allo scioglimento anticipato della legislatura.
A pesare sull’incentivo a recarsi alle urne, pesano diversi fattori: il mancato abbinamento alle elezioni politiche e le divisioni interne allo schieramento allargato delle forze riferibili al centrosinistra, che si presenta con due candidati governatori sia in Lombardia che nel Lazio, il che da un lato scoraggia i relativi elettorati e dall’altro non sprona neppure gli elettori del centrodestra unito a impegnarsi più di tanto.
Il che, ci sia consentito dirlo, pone seri interrogativi anche in relazione alla qualità dei programmi e delle candidature, poiché a questo punto a votare sono andati ieri, e andranno oggi, unicamente i parenti, gli amici e i collaboratori stretti di coloro che sono in lista, e non è detto nemmeno tutti di queste pur ristrette cerchie.
Ciò crea un dilemma di cui la stessa Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, reduce dal Consiglio europeo di Bruxelles, sembra essersi resa conto: anche se il centrodestra, o destra centro che dire si voglia, dovesse confermare la guida della Lombardia e tornare al governo del Lazio, si creerebbe in sostanza un problema di legittimazione delle classi dirigenti locali e di rappresentatività reale, con Giunte e Consigli regolarmente in carica con piene attribuzioni di legge ma nei fatti indebolite all’atto di dover assumere decisioni di un certo impatto nei confronti di comunità, platee e categorie dove più alti sono stati i livelli di non adesione ai seggi.
Ciò sarebbe la cartina di tornasole di un Governo nazionale che si regge, nelle Regioni più produttive del Paese, sulla mobilitazione della componente più militante del proprio personale politico ma non su un consenso più reale e diffuso: ciò che alla lunga può creare più di un problema a una compagine ministeriale isolata in Europa e limitata nei margini della manovra fiscale.
Ricordiamo che Lombardia e Lazio rappresentano una demografia di 13 milioni di abitanti, un prodotto interno lordo consolidato che arriva a 570 miliardi di euro e una rete di quasi 1900 Comuni.
Mentre il territorio lombardo si distingue per essere policentrico, con il capoluogo milanese a cui si affiancano capoluoghi provinciali altrettanto dinamici sul piano industriale e dei servizi innovativi e logistici, di tutt’altro tenore è l’assetto del Lazio, dove l’azione della Capitale di Stato è altamente calamitante a spese delle circostanti realtà provinciali, creando problemi di saturazione, sostenibilità e sicurezza sotto gli occhi di chiunque.
Dalle ore 15 di oggi, avrà inizio la sequenza degli exit poll, in pratica i sondaggi post voto, a cui seguiranno le proiezioni e quindi gli scrutini finali.
Sono possibili rallentamenti nelle operazioni di voto, a causa della complessità del sistema delle preferenze e della possibilità di un esercizio diffuso del voto disgiunto, ossia la scelta di un candidato governatore di una coalizione diversa dal partito votato nella quota proporzionale.
I sistemi elettivi, infatti, poggiano su un venti per cento di maggioritario, formato dal listino bloccato del candidato Presidente di Regione, e su un ottanta di proporzionale, affidato a liste concorrenti di candidati su base provinciale entro le quali è possibile esprimere da una a due preferenze, in quest’ultimo caso divise tra un uomo e una donna aspiranti consiglieri regionali.
Buon voto!
Dir politico Alessandro ZORGNIOTTI




