Gli indici PMI di S&P (uniti ai dati usciti nelle ultime due settimane) hanno fornito un quadro di un’economia americana più forte di quanto atteso, con i servizi tornati sopra la soglia dei 50 punti che separa la contrazione dall’espansione e il manifatturiero ancora in recupero anche se sotto 50
Per questo il cammino contro l’inflazione appare più difficile e molti partecipanti del FOMC (come emerso dai verbali) ritengono necessari aumenti costanti dei tassi per raggiungere l’obiettivo, tanto che il famigerato “terminal rate” o punto di arrivo si colloca ora nell’intervallo 5.25 – 5.5%. E vi è la concreta possibilità che possano essere mantenuti su quei livelli ancora a lungo: il mercato obbligazionario da qualche settimana si è adeguato. I rendimenti sono in rialzo sia sulla parte a breve (quella più reattiva alla politica monetaria) che su quella lunga della curva e i futures sui Fed Funds hanno rimosso il taglio dei tassi che prevedevano nell’ultima parte dell’anno, cancellando di fatto l’ottimistica inversione della politica monetaria fino ad allora invocata.
Si è passati infatti dal prevedere un tasso in discesa per fine anno (dicembre) del 4.5% a scontare ora un 5.2%, come a giugno dell’anno scorso. I Treasury a due anni sono arrivati a rendere il 4.7%. Sembra che negli ultimi giorni il messaggio sia arrivato anche al mercato azionario che ha iniziato a frenare, con la volatilità (rappresentata dal Vix) che è passata da 18 a oltre 23 punti.
Con i rendimenti dei treasury a breve termine così elevati vi è anche una minor convenienza “relativa” a detenere azioni, che, come nel caso dell’S&P 500, offrono un “earning yield” (rendimento degli utili, l’inverso del P/E) praticamente identico, ma con un grado di incertezza molto più elevato. Inoltre, si deve tenere conto che negli USA i tassi reali a 10 anni di nuovo in area 1.5% continuano a pesare sull’economia e sulle prospettive degli utili delle aziende. E i multipli sono elevati.
Anche l’economia in Europa dimostra notevole resilienza e forza (trascinata dagli indici PMI dei servizi, oppure come prospettato dal miglioramento dell’indice Ifo tedesco e dello Zew): lo stesso discorso può essere ribaltato in quest’area. Aumentano le attese di rialzi dei tassi della Bce e di conseguenza rimbalzano i tassi a due anni tanto in Germania quanto in Italia, aggiornando i massimi dall’ottobre del 2008.
Se cresce la probabilità di scampare la recessione, aumenta quella che la Bce spinga il limite più in alto: in questo caso il picco si potrebbe collocare al 3.5 – 3.75% per il tasso sui depositi, con strette monetarie ulteriori rispetto ai 50 bp già telegrafati per marzo. In un mondo di tassi in salita lo spread sul Btp tende a salire in quanto meno appetibile.



