Il caso dei crediti fiscali “pagabili” in Italia

0
33
soldi
soldi

C’è un tema che in queste settimane sta tenendo banco e potrebbe essere molto impattante per l’Italia, ovvero quello della rivisitazione dei criteri contabili di imputazione nel bilancio dello Stato dei crediti fiscali “pagabili” (quelli, ad esempio, inerenti allo sconto in fattura, non quelli fiscali con la vecchia metodologia dei “non pagabili”, dove il contribuente pagava i lavori e detraeva una quota parte delle spese sostenute anno per anno in base alla capienza dei corrispondenti debiti di imposta)

 

Ebbene pare che in sede europea sia stato confermato che Il criterio non è per cassa ma per competenza (ovvero tutto il costo computato nel momento in cui vengono eseguiti i lavori) e questo porterà l’ISTAT a rivedere al rialzo i deficit del 2021 e soprattutto del 2022.

 

Questa non rappresenta una notizia positiva e il governo ha infatti fermato lo sconto in fattura per non gravare sul deficit di quest’anno. Contabilizzare per competenza significa attribuire il costo per lo Stato interamente all’anno di effettuazione della spesa (esempio: i lavori edilizi oggetto di credito fiscale), anziché spalmarlo in parti uguali negli anni successivi (5/10 anni a seconda del bonus).

 

Per non bloccare la circolazione dei crediti fiscali, ma affinché questi continuino a fluire per non interrompere i lavori già in corso, il governo ha allo studio un’ipotesi: consentire alle banche di compensare le tasse pagate dai contribuenti (quelle attraverso gli F24 ad esempio) con i crediti fiscali nei portafogli delle banche comprati negli anni addietro, ma “limitatamente” alle tasse delle imprese, escludendo quelle dei contribuenti privati (persone fisiche) e i relativi contributi (che servono invece per il finanziamento delle pensioni).

L’altro aspetto negativo è che avremo un minor impatto sul PIL nominale per la riduzione degli investimenti/spese in ristrutturazione per costruzioni residenziali (quelle che riguardano i bonus edilizi): se scende il PIL nominale e il deficit si fa più alto, il rapporto deficit/Pil cresce. Anche il parametro per il 2023 potrebbe risentirne.

 

In caso di revisioni forti dell’ISTAT (anche sulle previsioni del 2023 oltre che sui saldi storici) lo spread potrebbe essere sottoposto a turbolenza. Pertanto, sarà da tenere sotto stretta osservazione: spesso, infatti, tende ad allargarsi in una fase di salita dei tassi, mentre risulta più appetibile quando questi scendono.