Premessa. Questa sintesi critica di “Ultimo respiro” è frutto di una seconda lettura più attenta del romanzo – che avevamo già proposto la prima volta il 30/I/2022 col n. 226 – oggetto di una scommessa tra “giallisti” (scommessa vinta dallo scrivente): riscrivere la critica ma in modo diverso senza modificarne il contenuto sostanziale
Comunque aggiunge maggiori conoscenze al lettore che arricchisce così la conoscenza sia della detective interessata sia del suo creatore/scrittore.
Tutto comincia con il corpo di una giovane donna, Janelle, che viene ritrovato orribilmente seviziato e torturato in un cassonetto della spazzatura in una periferia di Londra. Poi, a distanza di cinque mesi, viene ritrovato nelle medesime condizioni il cadavere di Lacey; quindi quello di una terza ragazza, Ella, e sono tutte giovanissime, belle, dai capelli lunghi, di estrazioni sociali diverse: orfana, studentessa, di famiglia benestante, una persino figlia di un ex commissario di polizia…
La situazione diventa ossessionante e ad alto allarme sociale quando sparisce una quarta ragazza, Beth, aspirante attrice, anch’essa di bella presenza.
Erika Foster, detective dal carattere impulsivo che… le cose non le manda a dire, nemmeno ai suoi superiori e per questo – pur essendo brava e competente – si è giocata un avanzo di carriera, in un primo tempo non è l’incaricata delle indagini perché “stagna” e soffre in un ufficio amministrativo, con un lavoro che non sopporta più.
Erika fa perciò di tutto – stranamente, alla fine, riuscendovi – per farsi assegnare quell’indagine così importante proprio dal suo “nemico”, Spark, colui che le ha soffiato il posto, e dal loro comune superiore, Camilla. Ciò accade poche ore prima che Spark muoia d’infarto nonostante i soccorsi subito prestatigli dalla stessa Erika.
Comincia poi la caccia ad una piccola macchina rossa ed a chi era alla sua guida, tra identità rubate su internet e profili Facebook inventati con acutezza da qualche furbastro, richieste di amicizia, appuntamenti al buio e continui stati d’animo di suspence. Si va alla ricerca di “un individuo” fantasma che sembra conoscere molto bene la collocazione delle tante videocamere di sorveglianza di Londra ed i modi come eluderle: evitando quelle delle vie più centrali, sporcando la targa di fango, cambiando auto… C’è persino un grosso cane, Grendel, che fa la sua parte…, un vecchio essiccatoio sperduto nella campagna dell’entroterra… e la Genesis, la più grossa società di Londra a gestire i cassonetti per lo smaltimento dei rifiuti, al cui interno c’è “la chiave” per la risoluzione dell’intricato caso.
Questa nuova eroina dell’investigazione ha un fascino che va oltre il suo “caratterino”; è una giovane (trentacinquenne) vedova, che vuole ancora bene al suo scomparso Mark, anche lui poliziotto, ma che ha incontrato un altro collega, Peterson, a cui si sente legata affettivamente. Ma la caratteristica che balza subito agli occhi e la fa apparire al lettore come “una buona amica” per cui tifare è il suo alto senso di giustizia che la spinge fino al punto di mangiare e dormire poco lavorando notte e giorno per arrestare l’assassino o l’assassina efferato/a che ha compiuto quello scempio.
Il thriller, ben scritto, lascia poco spazio all’improvvisazione; tutto si incastra perfettamente come nelle scatole cinesi, in modo molto scorrevole e di facile lettura: si può leggere in poche ore nonostante le sue oltre 340 pagine.
Infine, l’autore non è un novellino in questo tipo di narrativa: solo col suo primo giallo, La donna di ghiaccio, ha venduto 3 milioni di copie pubblicate in 30 Paesi!
Franco Cortese Notizie in un click




