CASE GREEN, STANGATA RINVIATA AL RECEPIMENTO ITALIANO

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Le rilevazioni più recenti tendono a smentire, dal punto di vista tecnico, il clima di allarmismo seguito alla deliberazione del Parlamento europeo in tema di immobili green che, di per sé, non costituisce ancora una direttiva ma, più semplicemente, una proposta che dovrà formare oggetto prima della consultazione a tre fra Europarlamento, Commissione e Consiglio UE e poi del recepimento a opera del Governo Italiano

All’orizzonte, nel breve periodo, sono previsti interventi normativi destinati a smorzare le prescrizioni maggiormente onerose e vincolanti, grazie a tutta una serie di deroghe e di incentivi che sarà compito del governo Meloni individuare con accortezza, in maniera da esonerare le categorie reddituali più vulnerabili e le situazioni immobiliari più problematiche dal punto di vista della fattibilità economica, tecnica e di reperimento della manodopera.

Un’ulteriore precisazione sostanziale è che i vincoli principali riguardano gli immobili residenziali di nuova costruzione, mentre per quelli già esistenti gli adeguamenti dovranno avvenire in un arco di tempo che raggiunga la neutralità energetica e le emissioni azzerate entro il 2050.

In pratica, una volta approvata la direttiva in via definitiva dalla concertazione fra Parlamento, Commissione e Consiglio UE, a marcare la vera e propria differenza sarà il lavoro congiunto fra Parlamento e Governo dei singoli Stati associati all’Unione Europea. Non senza essere prima passati da una revisione delle attuali classi di efficienza energetica, entro le quali il balzo dall’una all’altra comporta un miglioramento delle prestazioni, in termini di minori emissioni inquinanti in atmosfera, nella misura del 25 per cento.

In parallelo al recepimento della futura direttiva UE, il governo Meloni (o l’esecutivo comunque in carica in quel momento a palazzo Chigi) dovrà definire un autentico Piano Casa che sappia indicare incentivi certi e stabili per incoraggiare le ristrutturazioni e gli adeguamenti edilizi, a partire dai sistemi di isolamento, di coibentazione e di installazione di sistemi fotovoltaici, ove economicamente fattibili e convenienti.

Laddove ciò non sia possibile, per ciascuna categoria edilizia il governo in carica potrà individuare una soglia di esenzione fino al 15 per cento del patrimonio residenziale totale.
In ogni caso, fin da ora è certo che l’esonero riguarderà le Chiese e gli edifici di culto, gli edifici classificati di pregio all’interno dei centri storici, le seconde case utilizzate per meno di quattro mesi all’anno e le abitazioni indipendenti al di sotto dei 50 metri quadri di superficie.

Non sarà introdotto alcun divieto assoluto di messa in vendita o in locazione: a deliberare ciò saranno eventualmente i piani nazionali, anche se appare fin da ora evidente che gli immobili non adeguati e non riqualificati subiranno un naturale processo di svalutazione e di più oneroso accesso ai finanziamenti bancari.

La palla, pertanto, passa integralmente nella zona di centrocampo italiana, per la precisione ai ministri dell’industria Adolfo Urso e della sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin, ai quali toccherà sia il negoziato con Bruxelles e Strasburgo, sia la messa a punto di strumenti che evitino il ripetersi degli abusi del vecchio superbonus al 110 per cento, la cui filosofia va recuperata per le intuizioni positive iniziali e declinata nel mutato contesto regolamentare comunitario.

Da ridimensionare le cifre che circolano in merito ai presunti costi di adeguamento e riqualificazione: non saranno né 90.000, né 60.000 euro per abitazione singola, poiché vanno rimossi gli effetti inflattivi del vecchio superbonus che rendeva conveniente bypassare la fase della contrattazione delle materie prime e dei materiali per l’edilizia. È ragionevole stimare all’incirca 20.000 euro per ogni unità abitativa, la gran parte dei quali dovrà essere coperta o garantita dal piano nazionale per l’edilizia green.

Dir politico Alessandro ZORGNIOTTI