Dopo avere detto di no alla linea di finanziamento espressamente dedicata alla sanità, e risalente all’epoca della prima ondata della pandemia da coronavirus, la prima Premier donna dell’Italia ha lanciato un avviso a Bruxelles: l’assenso del nostro Paese alla ratifica del trattato di riforma del meccanismo europeo di stabilità, meglio noto come fondo salva Stati, scatterà soltanto dopo che la commissione di Ursula von der Leyen avrà messo a punto una revisione del patto di stabilità con regole di bilancio più orientate alla crescita e meno cristallizzate su stabilità e austerità
Dopo le esperienze di Grecia e Cipro, il Mes ha pressoché totalmente mutato i propri assetti ordinamentali materiali, grazie a una governance improntata alla funzione originaria del meccanismo comunitario a seguito delle crisi globali dei mutui derivati da oltre Atlantico: la funzione, cioè, di procacciare risorse sui mercati internazionali a condizioni economiche di particolare vantaggio, con la leva della garanzia del capitale versato dagli Stati UE aderenti, in modo da assegnarle al Paese che, a causa delle proprie difficoltà di bilancio, ne abbia fatto richiesta, ricevendo da quest’ultimo l’equivalente in una speciale emissione di obbligazioni del debito pubblico a tasso calmierato e con modalità di restituzione più spalmate nel tempo.
L’avvento del quantitative easing e dei tassi zero, con Mario Draghi alla presidenza della BCE, aveva indotto i governi della zona dell’euro, di ogni colore politico, a mettere in naftalina il Mes, a favore dell’opzione, politicamente e finanziariamente più vantaggiosa, rappresentata dagli acquisti massivi della Banca centrale di Francoforte.
La fase post pandemica, l’avvento dell’alta inflazione e la guerra russa in Ucraina hanno mutato questo quadro macro, imponendo l’adozione di strumenti diversi o radicalmente riformati. Cosicché la revisione del meccanismo europeo di stabilità, dopo il freno imposto fino a qualche mese fa dalla Germania – e rimosso dalla successiva pronuncia della Corte costituzionale tedesca – ha come pilastro l’ulteriore avanzamento del processo di unione bancaria a livello continentale, attraverso un fondo di garanzia unitaria sui depositi, e attende la decisione di ratifica da parte del Governo Meloni e della sua maggioranza parlamentare a Roma.
Circostanza quest’ultima che rimane tutt’altro che scontata: quello di palazzo Chigi, e del dicastero del MEF, non è un diniego assoluto o granitico, ma un mezzo per accrescere il potere negoziale dell’Italia sull’altro tavolo della riscrittura del patto di stabilità e crescita, prima del radicale ritorno, dal prossimo anno, delle regole di bilancio previgenti alla pandemia e sospese con effetto dalla primavera del 2020.
Lo scenario oramai preelettorale in cui si muovono i Paesi, tutto orientato al rinnovo del Parlamento di Strasburgo fra 14 mesi e alla formazione della Commissione che ne scaturirà di conseguenza – e che il Governo Meloni vorrebbe retta da una inedita coalizione fra popolari e conservatori con i socialisti all’opposizione – sembrerebbe avallare l’atteggiamento in apparenza inamovibile della nostra Premier. La quale chiede, anche per poter fare fronte ai crescenti oneri dell’attuazione del PNRR, una maggiore e più strutturale flessibilità da perseguire tramite lo scorporo totale degli investimenti, e della spesa pubblica anche corrente a questi connessa (leggi: assunzioni nella pubblica amministrazione), dal computo dei parametri di deficit e di debito pubblico in relazione al PIL.
Dopo l’esito delle elezioni politiche in Finlandia, che hanno segnato la sconfitta della giovane Premier socialista Sanna Marin, spianando la via a una coalizione governativa molto simile a quella svedese, le ambizioni di Giorgia Meloni potrebbero trovare nuovi alleati. Non deve però essere dimenticato che gli interessi nordici, a prescindere dall’indirizzo politico amministrativo di chi governa, non coincidono a prescindere con quelli euro mediterranei; e le decisioni sulle case green e sullo stop alla vendita dei motori termici per auto, assunte proprio mentre è in corso la presidenza della UE in capo alla Svezia, ne sono la conferma più lampante.
Dir politico Alessandro ZORGNIOTTI




