Il 18 aprile l’Unità tornerà in edicola . Ma senza le giornaliste e i giornalisti che la storica testata della sinistra hanno difeso e fatto vivere anche negli anni bui e dolorosi della sua chiusura. In questo nuovo progetto editoriale, noi lavoratori dell’Unità licenziati nei giorni scorsi dal curatore fallimentare, semplicemente non esistiamo. Cancellati”
Il Cdr e le redattrici e i redattori del quotidiano fondato da Antonio Gramsci
L’autore di questa rubrica è stato condirettore (con Furio Colombo) e poi direttore dell’“Unità” negli anni che vanno dal 2001 al 2007. Lo ricordo come un periodo di grande fervore politico ed entusiasmo professionale.
Erano gli anni dello strapotere di Silvio Berlusconi a Palazzo Chigi e, grazie a un corpo redazionale di prim’ordine, “l’Unità” (tornata in edicola dopo un primo fallimento) si guadagnò presso i lettori la fama di giornale libero. E impegnato nella opposizione intransigente a una gestione padronale del potere culminata con la pagina nera del G8 di Genova. Una credibilità che le direzioni che si sono succedute dopo hanno sicuramente difeso mentre non si può dire la stessa cosa dei vari proprietari che si sono alternati, con discutibili risultati.
Fino “al 3 giugno 2017 quando ‘l’Unità’ è stata chiusa per le scellerate scelte dell’editore Pessina, nel silenzio complice del Partito democratico che ne deteneva una quota e alla quale ha poi rinunciato senza darne neanche comunicazione al Cdr”, scrivono i redattori del giornale fondato da Antonio Gramsci e affondato dai responsabili del disastro con tanto di impronte digitali. A consegnare il quotidiano nelle mani dei Pessina fu infatti Matteo Renzi, all’epoca segretario dem. Sì, proprio quel Matteo Renzi che l’altro giorno annunciava con un sorriso sfavillante la sua nomina a direttore del “Riformista”
. Scelto dal coimputato di babbo Renzi, Alfredo Romeo che si è assicurato, a prezzi stracciati, testata e archivio storico dell’“Unità” affidandola a Piero Sansonetti, già firma dell’“Unità” e che farà la sua “Unità” con i redattori del “Riformista” di Renzi ma non con quelli dell’“Unità” che dunque resteranno disoccupati. Una vicenda che ci dice molto sulla nuova frontiera “editoriale” (e sul sogno di ex leader a spasso): i giornali senza i giornalisti, finalmente.
Antonio Padellaro



