Inizio d’anno con il botto al contrario per la nostra economia manifatturiera, che cala sia su base mensile che su base annua, destando i giustificati allarmi delle associazioni di categoria e dei consumatori e degli istituti statistici
L’inflazione, in calo solo relativamente alla componente energetica, stenta a lasciare la presa sulle bollette dovute da cittadini, famiglie e imprese, con effetti recessivi perduranti nel carrello della spesa soprattutto alimentare.
Se alla fine dello scorso anno, appena insediato il governo Meloni, si era parlato di un PIL italiano in grado di surclassare i diretti partner/competitor della UE, oggi lo scenario si presenta radicalmente diverso dal punto di vista degli andamenti del settore secondario, dove i picchi positivi evidenziati da alcune merceologie non riescono a bilanciare il netto calo andamentale di altre come legno, carta stampa, chimica, elettricità e gas. Segni più per i farmaceutici, i macchinari, i mezzi di trasporto.
La variazione negativa fatta registrare a febbraio dall’industria in senso stretto è pari allo 0,2 per cento su base mensile e al 2,3 su scala annua. In termini congiunturali, si tratta del secondo calo consecutivo, che potrebbe indicare difficoltà destinate ad andare oltre la singola contingenza.
Di opposto tenore il quadro evolutivo della zona Euro, dove nell’insieme i Paesi aderenti alla moneta unica hanno messo a segno una crescita media dell’uno e mezzo a febbraio e dell’uno per cento a gennaio.
La Germania, in particolare, è tornata nel ruolo di ammiraglia locomotiva, con un aumento del prodotto industriale superiore ai due punti.
Quindi, dopo le fasi del blocco generalizzato durante la prima ondata pandemica e quelle di flebile ripartenza post covid, le limitazioni lungo la catena delle forniture e degli approvvigionamenti transnazionali hanno gradualmente ceduto il posto a un ritorno alla normalità, rafforzata dalla circostanza che la Germania ha utilizzato al massimo i propri ampi margini fiscali e di bilancio pubblico per varare un maxi piano di contrasto all’inflazione i cui benefici indiretti non sono stati però colti a dovere dall’industria italiana, in molti casi sub-fornitrice di primo livello del committente tedesco ma a quanto pare oggi in evidente affanno per tutta una serie di costi non comprimibili.
È in questa ottica che può essere collocato il recentissimo incontro che il capo degli industriali del capoluogo torinese, Giorgio Marsiaj, ha avuto a Roma, nella sede del dicastero delle imprese e del made in Italy, con il ministro del governo Meloni on. Adolfo Urso.
Il leader della sede provinciale subalpina di Confindustria ha chiesto al massimo rappresentante governativo un sostanziale interessamento a che sia accelerato il progetto di Torino come città di riferimento del distretto aerospaziale, nonché come sede del centro internazionale per l’intelligenza artificiale. Sempre nel capoluogo piemontese dovrebbero confluire le risorse dedicate al rilancio delle aree complesse, funzionali a processi di reindustrializzazione, così come dovrebbero trovare sede la giga-factory per la produzione di batterie elettroniche e semiconduttori e la Hydrogen Valley destinata a rivoluzionare il settore automotive a favore del vasto indotto specializzato basato nella città della Mole antonelliana.
Dir politico Alessandro ZORGNIOTTI




