Si annuncia uno scontro a distanza fra il ministero dell’impresa e del made in Italy e la direzione generale per l’agricoltura della Commissione europea, facente capo al commissario polacco e leader conservatore di Varsavia, Janusz Wojciechowski
Tutto trae origine dalla decisione del ministro Adolfo Urso di convocare, alcuni giorni fa, sia il garante dei prezzi – figura monocratica che ha sostituito il precedente comitato interministeriale competente – sia la commissione di allerta, organismo quest’ultimo i cui provvedimenti preludono all’avvio di controlli diffusi e capillari, sul territorio nazionale, da parte della Guardia di Finanza.
Ciò con l’obiettivo di appurare se il divario tra i listini al dettaglio, su prodotti base e di prima necessità come la pasta, e i costi aggiornati della materia prima agricola, sia presente in una misura tale da poter o dover com fondatezza dichiarare se si sia in presenza di fenomeni di tipo speculativo tali da richiedere il diretto intervento governativo sul piano sanzionatorio, amministrativo o fiscale.
Non è infatti un mistero, com riferimento a questo terzo aspetto, che palazzo Chigi e il dicastero del MEF, diretto dal ministro Giancarlo Giorgetti, abbiano in proposito una riduzione delle aliquote dell’IVA sui generi di prima necessità, con la speranza di determinare una diminuzione più che proporzionale della spesa familiare per il carrello del supermercato.
L’Unione europea, tuttavia, fa sapere – attraverso una nota del proprio commissario delegato all’agricoltura – che non saranno di fatto tollerate iniziative volte a stabilire, in qualsiasi forma, modalità o regimi di prezzi controllati o amministrati, poiché contrari a quei principi di realizzazione di un mercato comune alla base della stessa UE e della decisione, negli anni Novanta dello scorso secolo, di mandare definitivamente in soffitta il comitato interministeriale che aveva il compito di fissare i listini di un paniere di beni e servizi considerati di utilità sociale.
Dal canto proprio, i produttori di pasta tengono a sottolineare che i rincari dei prodotti attualmente sugli scaffali dei negozi e dei centri commerciali sono la diretta conseguenza non di fattori o complotti speculativi, bensì di una fase storica produttiva in cui i costi delle materie prime energetiche e alimentari erano ben più alti degli attuali.
C’è inoltre da aggiungere che la composizione del prezzo finale è condizionata da una pluralità di circostanze che non dipendono soltanto dalle più alte o più basse quotazioni di gas ed elettricità, bensì dalle note vicende dell’austerità monetaria e fiscale che – per volere stesso della UE e talvolta del Governo Italiano che ha decretato la fine o la sospensione di alcuni sconti o bonus – hanno causato una impennata degli oneri gestionali aziendali.
Occorre quindi fare in modo che non si verifichino nuove procedure di infrazione il cui conto, ancora una volta, verrebbe pagato dai cittadini o in veste di consumatori, o in quella di contribuenti o in entrambi i ruoli.
Anche perché il tema del maggior costo della vita va ormai oltre il capitolo dei prodotti realizzati a base di grano, e riguarda per esempio sempre di più il costo delle abitazioni in mutuo o in affitto. Il sistema dei prezzi amministrati, nelle sue pratiche applicazioni, ha sempre evidenziato carenze, abusi da parte di non aventi diritto e creazione di veri e propri mercati sommersi.
Meglio sarebbe favorire semmai la creazione di gruppi pubblici e collettivi di acquisto sul mercato dei beni su cui si intende intervenire, in maniera da poter poi successivamente collocare gli stessi presso i cittadini e le famiglie appartenenti alle categorie più vulnerabili o in difficoltà nella rincorsa dei prezzi liberi.
Dir politico Alessandro ZORGNIOTTI




