Quanto è lenta, l’alta velocità tra Francia e Italia. Il Tav Torino-Lione viaggia da dieci anni a velocità bassissima: finora sono stati scavati solo 10 chilometri e mezzo dei 115 totali del “tunnel di base” previsto sotto le Alpi in Val di Susa
E da Parigi arrivano periodicamente segnali di non voler proprio correre per realizzare l’opera che molti analisti, sia in Francia sia in Italia, valutano poco utile, troppo costosa, sovradimensionata rispetto al reale traffico di merci e passeggeri tra i due Paesi. L’ennesimo segnale di rallentamento proveniente da Parigi ha provocato ieri la reazione stizzita del ministro italiano delle Infrastrutture Matteo Salvini: “Siamo preoccupati dalle titubanze francesi a proposito di Tav. Da Parigi ci aspettiamo chiarezza, serietà e rispetto degli accordi: l’Italia è stata ed è di parola, non possiamo accettare voltafaccia su un’opera importante non solo per i due Paesi ma per tutta Europa”.
Che cos’era successo? Era filtrato in Italia il contenuto del rapporto preparato da mesi dal Coi, il Consiglio d’orientamento delle infrastrutture, l’organismo che valuta le opere pubbliche e i relativi investimenti in Francia. Il documento prende in esame i progetti da realizzare nei prossimi 17 anni, da qui al 2040. Per il Tav, stila un giudizio che se non è una bocciatura è almeno un rinvio alle calende greche: analizzata l’opera, conclude che la costruzione della tratta francese del Tav – dall’uscita del tunnel di base a St. Jean de Maurienne fino a Lione – non è prioritaria, poiché è sufficiente la modernizzazione della linea già esistente.
Qualora si decidesse di realizzare comunque la nuova linea d’accesso, il Coi prevede l’entrata in esercizio non prima del 2043: vent’anni da oggi, dieci dopo la prevista entrata in servizio del tunnel di base (inizialmente fissata al 2029, poi rimandata al 2032 e ora ulteriormente procrastinata al 2033). Naturalmente le decisioni operative saranno poi prese dal presidente francese Emmanuel Macron e dal suo governo.
Le incertezze di Parigi circolavano da almeno un anno. Tanto che il Fatto le raccontò già il 15 maggio 2022, segnalando il drammatico allarme mandato dal comitato La Transalpine, che in Francia raggruppa i sostenitori istituzionali e imprenditoriali della nuova linea Torino-Lione. Il 9 maggio 2022, il delegato generale di La Transalpine, Stéphane Guggino, aveva dichiarato: “Assistiamo a una costernante impasse francese. A oggi, la priorità dello Stato rimane la modernizzazione della linea storica Digione-Modane”.
in Italia, l’allarme francese era stato amplificato da Paolo Foietta, capo della delegazione italiana nella Conferenza intergovernativa Italia-Francia (Cig): aveva spiegato che la nuova linea avrebbe portato la capacità della tratta italiana a 256 treni al giorno, ma del tutto inutilmente, visto che poi la vecchia linea francese avrebbe avuto “capacità di trasporto di meno di 100 treni al giorno”. C’è anche la possibilità che salti il finanziamento del 50% da parte dell’Unione europea, perché questo era subordinato alla realizzazione “dell’intera opera”, e cioè il tunnel di base ma anche “le vie d’accesso nazionali, italiana e francese”.
GIANNI BARBACETTO



