Fare 13 in busta paga, dopo le attese create dal Governo, è diventato desiderabile quanto totalizzare il 13 in schedina
Il viceministro delle Finanze, Maurizio Leo, conferma la propria sicurezza in merito alla definitiva approvazione parlamentare della legge quadro e di delega al Governo Meloni sulla riforma organica del nostro farraginoso sistema tributario, prima della pausa estiva.
Proprio per questo, tuttavia, si potrebbe non essere nei tempi adeguati ad anticipare l’introduzione della famosa tassazione piatta del 15 per cento sulla tredicesima mensilità dei lavoratori dipendenti, secondo il principio del trattamento della stessa come reddito aggiuntivo.
Non è in realtà soltanto una questione di tempistica del calendario dei lavori del Parlamento, l’enigma da sciogliere rimane quello delle risorse che da qui al prossimo autunno dovrebbero affluire nelle casse erariali del bilancio dello Stato e consentire eventuali anticipi attuativi della riforma fiscale già in sede di nota di aggiornamento al documento di economia e finanza – in termini tecnici la Nadef – preludio alla successiva adozione del disegno di legge di stabilità e bilancio per il 2024 e, in via preventiva allo stesso, di un eventuale provvedimento che metta più soldi nelle tasche delle famiglie medie in vista delle spese natalizie.
Sarà la variazione del prodotto interno lordo, qualora si confermasse superiore alle proiezioni ufficiali, unitamente agli andamenti di cassa dell’imposta sugli extra profitti e della rottamazione delle cartelle esattoriali, a stabilire se vi sarà la possibilità di fare coesistere la prosecuzione dello sconto sul cuneo contributivo, in scadenza a dicembre 2023 (e dal quale risultano però escluse le tredicesime), con un intervento di alleggerimento del carico impositivo sulle mensilità aggiuntive di competenza dell’anno in corso.
Quello che è sicuro, nelle dichiarazioni del viceministro Leo, è che al più tardi il nuovo trattamento fiscale sulla parte cosiddetta incrementale delle retribuzioni scatterà dal prossimo anno, mentre la sfida più immediata, e prioritaria, rimane quella di poter confermare fin da ora, anche per il 2024 e per le successive annualità, la riduzione della quota contributiva – altrimenti detta fiscalizzazione degli oneri sociali – del costo del lavoro gravante sulle buste paga dei dipendenti relativamente alle mensilità ordinarie.
Un’operazione che, cumulando gli sconti inclusi quelli varati prima del decreto lavoro del primo maggio, assume per i redditi più bassi un valore di maggiore disponibilità monetaria fino a 100 euro netti al mese per i lavoratori beneficiati, per il periodo compreso fra il primo luglio e il 31 dicembre prossimi.
Quello che dovrà essere chiarito fin dall’inizio del cammino di attuazione della delega fiscale, che prescrive la necessità di approvare tutti i decreti legislativi conseguenti entro i successivi 24 mesi dall’entrata in vigore della stessa, è come rendere equilibrato il nuovo disegno della galassia dei vari crediti d’imposta, detrazioni e deduzioni fiscali, centinaia di voci che compongono le tax expenditures e che, oltre a rappresentare per lo Stato una spesa indiretta o minori entrate per alcune decine di miliardi, fra i 36 e gli 80, concorrono a un sistema tributario nel complesso opaco, poco lineare e non di rado contraddittorio.
Un passaggio di non poco conto, quello relativo alla razionalizzazione di questa Babilonia di voci, se si considera che la volontà politica manifestata dal Governo è fare in modo che, per tutti i redditi personali e familiari fino a 35.000 euro lordi annui, la differenza rimanga positiva in termini di reddito netto disponibile per i contribuenti dopo l’applicazione dei vari tributi.
Dir politico Alessandro ZORGNIOTTI




