I mercati azionari globali, con un concomitante movimento al ribasso dei rendimenti, si sono indeboliti a metà settimana in scia al rallentamento economico in Cina emerso dalla pubblicazione dei dati PMI, con il dato sul manifatturiero in ulteriore calo sotto la soglia dei 50 punti che segnala contrazione, per la più bassa lettura da dicembre
Addirittura, per l’indice Hang Seng di Hong Kong si profila l’entrata in una fase di “bear market”, dal momento che la discesa dai massimi di gennaio ha superato il 20%. Anche lo yuan si è indebolito, raggiungendo il suo livello più basso verso dollaro negli ultimi sei mesi. I timori per il rallentamento del manifatturiero cinese e di conseguenza per la tenuta della domanda di materie prime hanno intaccato anche le quotazioni del rame che ha registrato a maggio la peggior perdita mensile in un anno.
Sul fronte europeo, una discesa importante dei rendimenti governativi ha fatto seguito a un calo dell’inflazione in Francia e Germania (rispettivamente al 6% e 6.3% a/a in maggio) molto più veloce di quanto stimato dagli economisti, soprattutto grazie al marcato rallentamento dei prezzi dell’energia, oltre che dei diversi settori: questi dati hanno condotto il mercato a tagliare le scommesse sul percorso dei futuri aumenti dei tassi della Bce, tanto che la curva dei futures non sta più prezzando in pieno ulteriori 50 bp di rialzi per quest’anno.
Le curve dei rendimenti governativi sono calate significativamente, causando, insieme alla revisione delle aspettative sui tassi, ulteriore debolezza dell’euro che ha toccato i minimi a due mesi.
I rendimenti del Bund a 10 anni hanno sperimentato la più ampia discesa settimanale degli ultimi due mesi, tanto che da venerdì scorso sono scesi di quasi 30 bp al 2.26%. Unica nota negativa in Italia, dove l’inflazione è sì arretrata ma in misura minore di quanto atteso, dimostrando maggior resilienza.



