Giorgia s’affida a Cassese e Violante. Lega contro Fitto: “Non sa spiegare”

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Per ribattere alle accuse dell’Ue e dei giudici contabili, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni si è affidata al suo fedelissimo Raffaele Fitto e ai suoi giuristi di riferimento – a partire da Sabino Cassese – ma la risposta è apparsa burocratica e sulla difensiva. Così emerge una prima spaccatura nel governo: “Su un tema così importante come il Pnrr non ci si può affidare a Cassese, le cose vanno spiegate – spiega un esponente di governo della Lega – altrimenti gli italiani non capiscono”.

La strategia di Meloni però è il frutto di uno stretto rapporto con alcuni giuristi di riferimento costruito prima di insediarsi a Palazzo Chigi. Quando la premier deve occuparsi di diritto si affida a quattro pilastri: il suo sottosegretario Alfredo Mantovano, l’ex presidente della Camera Ds Luciano Violante, il presidente emerito della Corte Costituzionale Sabino Cassese e il suo consigliere giuridico Francesco Saverio Marini. Sono quattro figure che rappresentano mondi e filiere diverse e hanno permesso alla premier di legare con il cosiddetto Deep State romano: Mantovano e Marini con il Vaticano, Violante con il mondo della magistratura (è stato lui a suggerirle Fabio Pinelli al Csm), della Difesa (è presidente della fondazione Leonardo) e della Guardia di Finanza (ha sponsorizzato Andrea De Gennaro) e Cassese con quello dei mandarini di Stato e della potente giustizia amministrativa.

Non è un caso, dunque, che la difesa del governo sulla decisione di prorogare lo scudo erariale per gli amministratori ed eliminare il controllo concomitante della Corte dei Conti sul Pnrr sia stata affidata a Cassese. Quest’ultimo venerdì ha spiegato che il governo “ha fatto benissimo” a limitare il controllo dei giudici contabili al festival dell’Economia di Torino e ieri ha dato interviste al Giornale e al Foglio per ribadire la bontà della decisione dell’esecutivo.

Tant’è che venerdì, dopo la dichiarazione del funzionario della Commissione Europea contro l’Italia sulla norma, a Palazzo Chigi c’è stato un lungo confronto su come rispondere. Fitto avrebbe voluto intervenire in prima persona, Mantovano ha invitato alla calma e alla fine è stato costruito un comunicato in otto punti per replicare alla Commissione. Con un passaggio, di impronta meloniana, sulle polemiche “strumentali che non considerano la realtà”. Poi è arrivata anche la difesa di Cassese.

Una strategia che non è piaciuta in maggioranza. Non tanto sul merito – tutti sono d’accordo sulla limitazione dei poteri di controllo della Corte dei Conti – ma quanto sul metodo. Il ragionamento che si fa ai vertici di Lega e Forza Italia è che il governo si gioca tutto sul Pnrr e quindi questo richiede spiegazioni chiare, che i cittadini possano capire. “Su un tema così importante non si può affidare la linea del governo a Cassese, la signora Maria non capisce cosa dice…”, spiega un leghista di governo. Nel mirino c’è lo stesso Fitto, accusato di non saper “spiegare” la strategia del governo sul Pnrr.

Ieri intanto Fratelli d’Italia ha continuato a difendere la norma che limita i controlli della Corte dei Conti attaccando l’Ue: “Un fastidioso pregiudizio contro il governo”, ha detto il meloniano Carlo Fidanza. A Palazzo Chigi si agita il complotto, parlando di un disegno di Bruxelles contro Meloni per scardinare l’alleanza col Ppe alle elezioni europee del 2024 perché “la Commissione non aveva avuto nulla da ridire sulla stessa norma di Conte e Draghi”.

Ma anche per evitare strumentalizzazioni, ieri la Commissione ha specificato che ci sono “scambi costruttivi con l’Italia” che ha “un sistema di audit solido” sui fondi del Pnrr e spiegando che non è insolito che ci siano ritardi sulle rate. Per Fitto “il caso è chiuso”, ha detto al Tg1. Il governo lunedì metterà la fiducia sul decreto, sperando che il Quirinale non abbia nulla da eccepire.

GIACOMO SALVINI