Non ha lasciato indifferenti opinione pubblica e commentatori la frase che, nel corso della chiusura della campagna elettorale per il Sindaco e il Consiglio comunale di Catania, la Premier Giorgia Meloni ha utilizzato per definire le tasse praticate nei confronti dei piccoli commercianti e dei contribuenti più vulnerabili e più esposti alle attività degli enti esattoriali pubblici: “pizzo di Stato”
A delimitate e contestualizzare il riferimento della Presidente del Consiglio dei Ministri è però l’onorevole Maurizio Leo, dirigente di Fratelli d’Italia e attuale numero due del dicastero del MEF con la delega specifica alla riforma e riordino del sistema tributario, le cui nuove linee guida sono destinate a diventare legge quadro e di delega dello Stato entro quest’estate.
Il Viceministro Leo precisa che la definizione utilizzata dalla Premier è relativa al livello, oggi obiettivamente sproporzionato e spropositato, delle sanzioni che caratterizzano i mancati versamenti o gli errori formali materiali nelle dichiarazioni di alcune tipologie di tributi e di imposte dirette e indirette; e che portano a raddoppiare o a triplicare l’importo iniziale, innescando un circuito vizioso per il quale il tributo stesso diventa più difficile da versare per il contribuente e da incassare per lo Stato e per l’erario centrale.
Uno dei cardini della riforma fiscale è proprio questo: dare seguito a quelle che corrispondono non soltanto agli impegni elettorali del Governo Meloni, ma altresì alle raccomandazioni della Corte costituzionale e – perché no – alle indicazioni dei precedenti Governi Draghi e addirittura Prodi, in merito all’introduzione e alla effettività del principio di proporzionalità fra gravità della violazione e peso specifico della sanzione.
Un passaggio che l’onorevole Leo definisce fondamentale proprio per tendere a uno dei fini distintivi della riforma stessa, ossia il contrasto all’evasione, che si persegue attraverso un fisco più semplice, decifrabile, trasparente e appunto ragionevole. Poiché – è stato puntualizzato dal Viceministro – la caccia al gettito a ogni costo non si traduce nella ricerca degli evasori dolosi.
Il numero due del dicastero dell’economia e delle finanze, a cui la Premier Meloni e il ministro Giancarlo Giorgetti hanno affidato la riscrittura di un ordinamento fermo ai primissimi anni settanta del secolo scorso, ricorda che alla ragionevolezza del carico tributario si tenderà attraverso un mix fra area di reddito esente, accorpamento delle aliquote Irpef, riassetto delle detrazioni e delle deduzioni, razionalizzazione delle spese fiscali, semplificazione degli adempimenti di calcolo, versamento e riscossione e proporzionalità sanzionatoria. Ricordando che alcuni capitoli del provvedimento, destinato a snodarsi in più decreti attuativi nel corso dei prossimi 24 mesi, saranno senza costi aggiuntivi per le casse erariali, in quanto si tradurranno in procedure più snelle e comprensibili per i cittadini e le imprese e nel trasferimento di parte del carico impositivo dai redditi da lavoro medi e medio bassi verso altre categorie imponibili “non premiali” per la creazione di sviluppo, investimenti e lavoro.
Oramai è stato assodato che le aliquote Irpef saranno accorpate a tre, ma particolarmente strategica sarà l’aliquota intermedia dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, poiché la vera misura mediana del tributo sarà determinata da come verrà individuato lo scaglione reddituale e con esso la corrispondente percentuale di prelievo erariale.
Il Viceministro Leo ha fissato in 35.000 euro lordi annui la soglia reddituale sulla quale concentrare la maggior parte dei provvedimenti volti a preservare il potere d’acquisto dei contribuenti e delle famiglie e a fare in modo che gli sgravi finora introdotti dal Governo – tra riduzione del cuneo contributivo e rivalutazione delle pensioni – non siano vanificati dalla perdurante inflazione.
Dir politico Alessandro ZORGNIOTTI




