Caro direttore, il potere inizia a logorare anche chi c’è l’ha. Quello tra governo e Corte dei Conti è il primo vero scontro di poteri dell’era Meloni. La surreale disputa istituzionale si fonda sul controllo concomitante, da parte della magistratura contabile del monitoraggio costante delle opere del Pnrr, il Piano nazionale di ripresa e resilienza che, non da oggi, fa acqua da tutte le parti.
Ora, però, «l’affaire» rischia di essere messo nero su bianco dalla task force della Commissione europea che arriverà lunedì a Roma per cercare di sbloccare, si spera, la terza fondamentale rata di finanziamento per l’Italia. Peraltro, questo braccio di ferro tra Governo e Corte dei Conti ha prodotto anche il risultato di mettere in grave imbarazzo il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. A soffiare sul fuoco anche Giuliano Amato, «il Dottor Sottile della prima Repubblica» ed ex presidente della Consulta.
Luci accese di notte, quindi, negli uffici di Daniele Cabras, direttore degli affari giuridici del Colle, per trovare una via d’uscita al Governo che si è impantanato su un emendamento fortemente voluto dal gabinetto del ministro Fitto piuttosto che da Palazzo Chigi e inserito nel decreto legge sulla Pubblica Amministrazione: tale modifica – passata, come sempre più spesso accade, con il ricorso al voto di fiducia – taglia di fatto le gambe alla Corte dei Conti nel suo ruolo di controllore costante delle opere del Pnrr, disattendendo anche la decisione comunitaria del 2019, sotto il governo Conte, che aveva comportato l’affidamento, proprio alla nostra magistratura contabile, della verifica sullo stato di avanzamento nell’uso delle risorse.
E ora, per l’appunto, il cerino acceso tra le mani se lo ritrova Daniele Cabras, romano, 60 anni, già consigliere parlamentare, figlio di Paolo, storico esponente della sinistra Dc, direttore de Il Popolo. La buona preparazione giuridica ed una discreta esperienza acquisita nel corso degli anni hanno portato Cabras junior a collaborare, da giovanissimo, con Sergio Mattarella quando era vicepresidente del Consiglio e poi ministro della Difesa e, più avanti, con un’altra pasionaria della sinistra catto-comunista come Rosy Bindi. Cresciuto, insomma, in un milieu che guarda con una certa orticaria un governo di centrodestra.


