L’egemonia culturale della destra e il desiderio di dominio assoluto

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“Egemonia culturale”? E’ tutta colpa di Gramsci. Ci aveva pensato quando era già in carcere, quasi 100 anni fa, dove l’aveva mandato il suo ex “compagno” – erano stati entrambi socialisti – Benito Mussolini. Era un tema che lo assillava e che continua a serpeggiare fino a noi, come dimostrano le recenti scelte governative sulla RAI e dintorni.

La presidente del Consiglio, quando era all’opposizione, tuonava contro la lottizzazione della Rai, adesso – al governo – tuona sulla necessità di scardinare la presunta “egemonia culturale” della sinistra. Nessuno se ne meraviglia, ma la brutale occupazione annunciata del servizio pubblico fa impallidire i tempi gloriosi della Dc trionfante, che aveva sempre gestito il suo potere in modo più morbido ed educato.

Ma sarà quasi inutile occupare tutti gli interstizi della Rai e di eventuali luoghi della produzione culturale, per la semplice ragione che la destra ha già una forte, diffusa, radicata egemonia culturale nella nostra società. Per capirci meglio, torniamo a Gramsci, che la destra – chissà perché – ha collocato nel suo “olimpo”. Il filosofo e politico sardo, fondatore del Partito comunista italiano, si arrovellava sull’ “egemonia culturale” per spiegare come mai i proletari, sfruttati ed oppressi, non si ribellassero e non facessero la rivoluzione, come in Russia.

La risposta, coerente con il pensiero di Marx, era che il capitalismo aveva reso dominante la propria visione del mondo e per questo manteneva subalterna la classe operaia.

La presidente del Consiglio, invece, finge di non accorgersi, che la visione del mondo attualmente dominante nella società e tra gli elettori è proprio la sua. Meglio lamentarsi che ci sono in giro pochi e scarsi intellettuali organici a destra e fare cappotto alle elezioni e nel rastrellamento di tutte le poltrone disponibili. La sua “egemonia culturale” diventa un’apoteosi quando – in Sicilia – parlando ai commercianti, afferma che le tasse sono un “pizzo di stato”, e naturalmente stravince alle elezioni.

Cosa volete che contino un po’ di intellettuali qua e là, quando il senso comune è ben allineato e coperto con la maggioranza governativa.

E poi la presidente del Consiglio dilaga da tempo sui mass media, dalla Rai a Mediaset, da sempre in mano alla famiglia Berlusconi, già prima dell’annunciata “occupazione”, del servizio pubblico. Telegiornali e giornali radio aprono quasi sempre con le parole della presidente del Consiglio, che si fa i complimenti da sola, e le sue idee entrano in milioni di occhi, di orecchi e di teste, ben prima delle nomine incriminate.

Più che “egemonia”, forse, si insegue il dominio totalizzante di poltrone e potere, con palese fastidio nei confronti di qualsiasi regola o sistema di controllo, come nel caso della Corte dei Conti, che aveva avvisato il Governo a proposito dei – presunti – ritardi del PNRR, che dovrebbe farci incassare una valanga di miliardi.

La democrazia, in effetti, è lenta, è fatta di pesi e contrappesi, di controlli, di dialogo e confronto, fa perder tempo, specie quando si è in ritardo. Scienza e sport dimostrano che regole e controlli portano a grandi risultati, ma in politica alcuni pensano che critiche e controlli provochino solo ritardi e fastidi. Meglio l’Ungheria veloce e sbrigativa, di Orbàn, e poi chiamiamola “egemonia”.