Dopo i più recenti eventi atmosferici calamitosi in Lombardia, l’associazione Coldiretti stima, per il solo settore agro colturale, danni superiori a 6 miliardi di euro, a cui si aggiungono i costi, molto significativi, connessi alla ricostruzione dei suoli, alle nuove piantumazioni e all’attesa di un avvio delle stesse a piena produttività
Se le campagne piangono, le città di certo non ridono, poiché l’inadeguatezza e l’obsolescenza delle costruzioni viarie e residenziali espongono i cittadini a rischi e pericoli di ogni genere, nelle auto così come nelle case, impotenti di fronte ai venti che scardinano i tetti obliqui e a chicchi di grandine divenuti autentici “pallettoni” di ghiaccio.
Quanto avvenuto in Veneto prima e in Lombardia poi, a distanza ravvicinata di pochissimi giorni l’uno dall’altra, non è ascrivibile al caso bensì è riferibile alla scienza meteorologica che a più riprese, tra il 2020 e il 2022 – attraverso report minuziosi redatti dal CNR ma rimasti relegati a un esercizio letterario -, aveva avvertito delle insidie degli effetti del riscaldamento globale: se è vero che il contributo diretto delle attività umane, cosiddette antropiche, e industriali del nostro Paese al ritmo di innalzamento medio annuo delle temperature generali può sembrare basso, la qualità delle tecnologie che adoperiamo determina elevati fabbisogni e consumi di energia.
Favorire la sostituzione di queste ultime con soluzioni capaci di garantire la transizione ecologica non è semplice a causa degli elevati costi medi, si calcola all’incirca 50.000 euro “una tantum” per ciascun nucleo familiare, per addivenire a strutture più resistenti e resilienti a un cambiamento climatico ogni anno di intensità aggressiva sempre maggiore.
Né il Pnrr prevede molto da questo particolare ma decisivo punto di vista, sebbene il ministro delegato del Governo Meloni, Raffaele Fitto, abbia comunicato l’intenzione, nelle more del processo di riscrittura del recovery plan concordato con l’Unione Europea, di ricavare uno stanziamento addizionale di tre miliardi a favore del tanto contestato super bonus al 110%, con l’obiettivo di puntare in misura più netta e incisiva sull’aumento della capacità di risparmio e di trattenimento energetico delle abitazioni e su materiali meno vulnerabili alla crescente devastazione di intemperie che pensavamo, erroneamente, confinate all’oltre Atlantico e al Pacifico.
Eppure sarebbe bastato leggere l’edizione della rivista Focus del 2020 per apprendere che ogni anno il nostro Paese è interessato da un centinaio di eventi atmosferici tipo tornadi e trombe d’aria, e che tra il 2014 e il 2022 ben 435 di questi avvenimenti hanno registrato una violenza superiore alla media riscontrata in Italia per fenomeni dello stesso tipo. I quali – si leggeva ancora in tali report – sono relativamente più frequenti in pianura Padana, soprattutto nel Veneto e nella Lombardia (circostanza pertanto risaputa da almeno tre anni), nel Lazio e, per ciò che riguarda il Mezzogiorno, in Calabria e Puglia.
I benefici anticiclonici di cui godevamo nelle epoche passate, e che circoscrivevano l’aria calda agli anticicloni a sud del Sahara, sono venuti progressivamente meno a seguito dell’innalzamento del riscaldamento globale del distretto mediterraneo, frantumando gli argini atmosferici e spingendo l’aria calda sempre più a Nord, intensificando le occasioni di contrasto con le correnti fredde tipiche del vecchio Continente. I risultati di ciò sono di fronte a tutti attraverso le immagini provenienti dalle aree venete e lombarde, mentre Regioni sempre settentrionali come il Piemonte presentano situazioni a macchia di leopardo con zone a più elevata rischiosità e altre meno esposte in corrispondenza delle località montane e collinari.
Nel corso degli anni e dei lustri più recenti, i ricercatori meteo e climatologi hanno lavorato per mettere a punto, non solo in termini teorici, alcuni sistemi, ambiziosi ma realizzabili, volti a prevedere, con almeno dieci minuti di anticipo, l’insorgenza di un tornado, ovvero per disinnescare una tromba d’aria agendo sul riscaldamento artificiale della sua componente fredda di bassa pressione; un ulteriore filone di studi fa riferimento invece alla possibilità di ricavare energia da tornadi naturali o artificiali il cui apporto energetico viene stimato, unitariamente, in almeno 50 megawatt.
Purtroppo, soltanto pochi Paesi, e a quanto pare l’Italia non è tra questi, si sono dotati in Europa di modelli meteorologici di tipo predittivo, la cui operatività, connessa ai locali sistemi di protezione civile, consente di rendere ogni singolo minuto prezioso al fine di salvare vite umane, attività aziendali, patrimoni abitativi e raccolti agricoli.
Dai giapponesi abbiamo imparato a difenderci, sebbene solo in parte, dai terremoti; forse sarebbe il caso di rafforzare le nostre partnership con gli amici Americani per poter procedere con gli stessi obiettivi definendo uno scudo comune contro le trombe d’aria.
Dir politico Alessandro ZORGNIOTTI




