Mentre a Roma si surriscalda il dibattito sul disegno di legge delega fiscale, sul quale il governo di Giorgia Meloni potrebbe rischiare molto concretamente di ritrovarsi in minoranza nelle commissioni Finanza di Senato e Camera sul delicato capitolo del pignoramento dei conti correnti, con la probabilità addirittura di dover subito dopo cedere lo scettro di palazzo Chigi a terzi (il governatore uscente di Bankitalia Ignazio Visco?), a Madrid il centrosinistra festeggia il mancato sorpasso del centrodestra sulla coalizione progressista uscente di Pedro Sanchez
Quest’ultimo, leader del Partito socialista europeo – di cui il collega e omologo Premier albanese Edi Rama è vice – nel corso degli ultimi giorni di campagna elettorale è stato protagonista di uno straordinario recupero, favorito peraltro, e solo per un apparente paradosso, dalla divisione fra i socialisti e la componente politica più marcatamente di sinistra facente capo alla Ministra uscente del lavoro, autrice di provvedimenti che hanno consentito un aumento esponenziale dei contratti di inserimento e delle assunzioni a tempo indeterminato, con benefici sul piano della occupazione netta.
I risultati praticamente definitivi vedono un contesto di sostanziale parità fra Popolari e Progressisti e il deciso, e solo in parte inatteso, crollo di Vox, i sovranisti spagnoli nostalgici di Francisco Franco, il Duce di Madrid, e simpatizzanti di Giorgia Meloni. La quale, dopo il risultato in terra iberica, dovrà drasticamente rivedere non solo le proprie politiche economiche interne, ma anche e soprattutto le proprie smisurate ambizioni nella prospettiva del voto per il rinnovo del Parlamento europeo del prossimo mese di giugno. Dove le difficoltà dei socialisti poggiano fondamentalmente sugli eccessivi costi che le direttive ambientaliste in tema di case e di motori automobilistici pongono a carico delle famiglie della UE senza sufficienti meccanismi di compensazione di tipo economico o fiscale.
Le probabilità di una permanenza di Sanchez alla guida del Governo spagnolo si rafforzano in considerazione del voto catalano, dal momento che le istanze regionaliste mal si coniugano con le vocazioni nazionaliste e centraliste di una realtà come Vox, i cosiddetti Fratelli di Spagna.
Va precisato che i rapporti fra Sanchez e Meloni sono sempre stati improntati a una reciproca cordialità, solidarietà e convergenza di tipo istituzionale e geografica, prima ancora che ideologica, in forza di una comunanza di interessi euro mediterranei che uniscono i due Paesi sulla necessità di rafforzare il blocco comune nei confronti degli Stati nordici della UE sul capitolo del rigore fiscale, incompatibile con le necessità del sud del vecchio Continente, e della riscrittura in senso flessibile del patto di stabilità che torni a essere in via prioritaria un patto di crescita.
Paradossalmente, la permanenza di un leader progressista come Pedro Sanchez al timone della penisola iberica – la Spagna forma infatti un blocco di interessi con il Portogallo anch’esso guidato da una coalizione di centrosinistra riformista – potrebbe assecondare gli interessi di cui Giorgia Meloni è portatrice a Bruxelles, molto più di quanto potrebbero o avrebbero potuto fare i suoi presunti colleghi di cordata di Vox e dei Popolari.
Quello che è certo è che il governo di centrodestra in Italia si conferma molto più debole sul fronte sia interno che europeo, e lo scivolone sulla delega fiscale, per la parte relativa alla riforma delle procedure di riscossione, scivolone confermato dalla necessità del viceministro Maurizio Leo di dover ogni giorno comunicare una rassicurazione o un distinguo per tranquillizzare il proprio elettorato di riferimento, potrebbe sancire molto presto sviluppi inaspettati sulla scena politico istituzionale del Belpaese.



