L’ETÀ D’ARGENTO POTREBBE ESSERE LA NUOVA ECONOMIA D’ORO: MA LE POLITICHE PUBBLICHE INSISTONO SUI SOLI TAGLI AL WELFARE

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In Italia il modello “Cocoon” è lontanissimo dal potersi realizzare

Un rapporto del centro studi Itinerari previdenziali ha tracciato un profilo di come si è evoluta negli ultimi trent’anni, e come si evolverà nei prossimi tre decenni, la società Italiana dal punto di vista anagrafico.

I risultati sono evidenti e rappresentano un tracciato andamentale i cui contorni erano noti già da prima sotto l’aspetto politico, però nulla si è fatto né si sta facendo per governare una transizione demografica inseparabile da quella digitale e ambientale.

Eppure, dal punto di vista dei flussi reddituali e delle consistenze patrimoniali – la cosiddetta ricchezza immobiliare, mobiliare (titoli) e monetaria – gli appartenenti al segmento dell’economia d’argento, la cosiddetta “silver economy”, esprimono la maggiore incidenza relativa sul totale generale, avendo potuto realizzare in età attiva un più elevato livello di accumulazione del risparmio.

Cosicché, se l’insieme della ricchezza finanziaria del Paese raggiunge i 15.000 miliardi, la metà circa di essa fa capo allo scaglione che parte dai cinquant’anni di età, mentre un terzo abbondante agli ultra 65enni. Questi ultimi lasceranno le proprie eredità ai figli o parenti che costituiscono la platea degli attuali ultra 40enni, andando così a consolidare i trend della “silver economy” per almeno due generazioni.

Di fronte a un simile scenario macro economico, si confermano totalmente assenti o carenti delle politiche pubbliche in grado di cogliere e di massimizzare gli aspetti di innovazione, redditività e connettività generazionale che sono sottintesi all’economia d’argento e della terza e quarta età. Eppure la struttura dei fabbisogni e dei consumi, soprattutto dello scaglione “over 65”, sarebbe tale da poter azionare soluzioni dalla domotica (le famose case intelligenti) ai fondi assicurativi, dalla robotica alla ricerca medica, dallo sviluppo di figure professionali socio assistenziali alla crescita dei fondi di investimento di tipo mobiliare, per la diversificazione del rischio e la tutela del potere d’acquisto dei risparmi, e immobiliare nel contesto delle residenze sanitarie assistite e della gestione manageriale di case e fabbricati di proprietà.

Tutti settori con un elevato potenziale redditivo e idonei a più che bilanciare quelli che, stanti le tradizionali politiche pubbliche di pura riduzione della componente del “welfare State” o Stato sociale classico, vedono diminuire la sfera dei servizi economici, residenziali e socio sanitari di competenza istituzionale creando difficoltà tanto ai diretti interessati, quanto ai figli e ai nipoti a propria volta chiamati a farsi carico di spese non più mutuate dai bilanci statali, regionali e comunali.

La “silver economy” potrebbe pertanto sostenere produttivamente la creazione di molte decine di migliaia di nuovi posti di lavoro a elevata specializzazione, qualificazione e remunerazione, e la dimostrazione di ciò risiede nei Paesi, soprattutto del Nord Europa, che vantano le migliori tradizioni a livello mondiale nel campo della promozione dell’invecchiamento attivo e della salvaguardia della qualità della vita personale e sociale e della salute della categoria over 65.

Anche il Pnrr, che potrebbe formare un polmone finanziario di risorse decisive per abbinare le varie transizioni fra di loro – demografica, digitale, ecologica – dedica pochissimo spazio alla tematica, peraltro trasversale a più materie e competenze, all’interno di ognuna delle quali la silver economy non trova accenno diretto alcuno; anzi, l’effetto dell’elevata inflazione “core”, al netto delle componenti energetiche, ha ulteriormente prosciugato il bilancio del ministero della salute, il cui fabbisogno è adesso salito a undici miliardi di euro destinati a gravare sui bilanci presenti o futuri anche degli attuali over 40, a seconda che il Governo vorrà procedere con ulteriori tagli alla spesa o de-finanziamenti ovvero con ulteriori emissioni di debito pubblico.

Insomma, il rischio è di trovarsi di fronte a una ennesima occasione mancata, dove la mancata valorizzazione di interi settori emergenti porta a emigrare dal nostro Paese non solo le generazioni più giovani ma anche quelle anziane, incentivate dai maggiori incentivi fiscali sulle pensioni messi a disposizione da altri Stati europei assieme a una più dinamica offerta di servizi reali.

Dir politico Alessandro ZORGNIOTTI