Fed e Bce a braccetto verso la fine dei rialzi?

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Con due mosse identiche e largamente attese dai mercati, nell’arco di ventiquattro ore prima la Fed e poi la Bce hanno alzato i tassi di interesse di 25 punti base

Anche l’atteggiamento mostrato dai presidenti delle due banche centrali è stato del tutto simile: data l’incertezza che avvolge le previsioni su crescita e inflazione, la scelta è quella di legare totalmente ai dati economici in uscita le prossime decisioni di politica monetaria senza legarsi le mani in nessuna direzione. Fed e Bce hanno aperto quindi alla possibilità di rialzare i tassi come di restare fermi, escludendo al tempo stesso categoricamente dei tagli per quest’anno.

Quest’ultima è stata l’unica concessione alle indicazioni sul percorso futuro dei tassi, dato che d’ora in avanti l’approccio sarà “data dependant” per determinare il livello appropriato dei tassi e la durata della restrizione monetaria.

Proprio questa fase di dipendenza dai dati pone le due banche centrali in una prospettiva diversa rispetto a quanto ritenuto dai mercati fino a pochi giorni fa (una Fed a fine ciclo dei rialzi, in modalità più accomodante, contro una Bce ancora aggressiva e intenta ad alzare), perché è chiaro quale delle due aree stia mostrando in questo momento i dati di qualità peggiore.

La Fed, forte del dato sul PIL di giovedì, della resilienza del mercato del lavoro e della tenuta dei consumi, ha dichiarato che la recessione è stata evitata negli USA e non è più prevista nel loro scenario, mentre la Bce ha ammesso che le prospettive a breve termine dell’attività economica si sono deteriorate a causa di domanda debole e investimenti in peggioramento, oltre che a un inasprimento da parte delle banche delle condizioni di finanziamento che frenano la domanda stessa.

Questa divergenza dei dati economici potrebbe quindi capovolgere gli atteggiamenti e le decisioni future di Fed e Bce, motivo per il quale l’euro ha preso a indebolirsi contro dollaro e le curve sono andate in direzione opposta, con i tassi USA in salita e quelli nell’Eurozona in calo a scontare una Bce meno aggressiva. In generale, possiamo dire che siamo in un contesto di dati che puntano al cosiddetto scenario “goldilocks”, soprattutto negli USA, ovvero inflazione che scende senza che l’economia debba risentirne. Un quadro molto gradito ai mercati, comprensibilmente, che hanno visto il bicchiere mezzo pieno nelle dichiarazioni, attendendo la fine della stretta monetaria.