STELLANTIS, SULL’AUTO IL PIEMONTE NON LASCIA MA RADDOPPIA (O VORREBBE)

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In una Regione e in una città metropolitana con indicatori economici e sociali che ne fanno una realtà molto più simile al Mezzogiorno, per ammissione stessa dell’ex Premier Mario Draghi quando venne a fare visita nel capoluogo subalpino, il Governatore uscente Alberto Cirio, che ha assunto il coordinamento dei presidenti delle amministrazioni regionali ospitanti stabilimenti ex Fiat FCA in Italia, ha richiesto espressamente l’impegno del Ministro dell’industria e del made in Italy, Adolfo Urso, affinché Mirafiori e le fabbriche automotive dell’area sabauda possano esprimere almeno un quinto del previsto milione annuo di autovetture a cui dovrebbero salire i livelli di produzione automobilistica nazionale

In una Regione e in un capoluogo che si apprestano a dire addio, nel sessanta per cento degli attuali casi, a tamponi sociali anti emergenziali come il reddito di cittadinanza – che pur fra moltissime storture e distorsioni era il solo ammortizzatore previsto dal nostro ordinamento per i poveri senza colpa – il capitolo lavorativo e occupazionale torna a essere assolutamente prioritario, ma le amministrazioni territoriali arrivano impreparate all’appuntamento, chiaro fin dall’inizio dell’anno in corso, con le richieste di aiuto che torneranno a moltiplicarsi agli sportelli di assistenza sociale dei Comuni, che a propria volta sono finanziati dalla Regione attraverso i contributi erogati ai consorzi socio assistenziali fra più municipi di ambiti geografici omogenei.

Il governatore Cirio ha preso parte al summit, presso la sede del dicastero dell’industria di Via Veneto a Roma, assieme al proprio assessore alle finanze e allo sviluppo delle imprese Andrea Tronzano, assieme al quale ha ribadito la necessità che gli impianti esistenti in territorio piemontese, e soprattutto metropolitano torinese, possano tornare a lavorare al massimo del potenziale, un traguardo questo alla portata del settore automotive diretto e indotto che dalla prima Capitale d’Italia ha scritto, nel secolo scorso, la storia dei due miracoli industriali del secondo dopoguerra.

Se una tale istanza può essere fondata sul piano tecnico e delle capacità teoriche dei siti ex Fiat oggi Stellantis attivi all’ombra della Mole antonelliana, la sua fattibilità concreta dipenderà in gran parte dal volume delle risorse finanziarie che il Governo centrale di Giorgia Meloni, e la Giunta regionale di Alberto Cirio (che andrà a scadenza nel giugno del prossimo anno), saranno disponibili e in grado di offrire al tavolo dei negoziati con Carlos Tavares, amministratore delegato del Gruppo della famiglia Agnelli Elkann, nella fase in corso che entro la fine di agosto – che avrebbe dovuto essere quella di luglio – presumibilmente condurrà all’accordo da un milione di autoveicoli, familiari e commerciali, di integrale fabbricazione italiana.

Non sarà soltanto una questione di stanziamenti e impegni di spesa, che per Tavares sono comunque essenziali al fine di riportare le mitiche quattro ruote a essere non più un lusso ma una opportunità accessibile ai martoriati e impoveriti ceti medi del nostro Paese; a tale variabile si abbina quella delle normative e dei vincoli sempre più stringenti indotti dalle direttive ecologiste di Bruxelles, i cui effetti molto marginali relativi al contrasto delle polveri sottili potrebbero viceversa rivelarsi assai devastanti e tali da condurre alla sparizione, dai radar della manifattura Italiana, di interi modelli iconici della mobilità Tricolore, a partire dalla sempreverde Panda, e non solo.

Tavares ha esortato il ministro Urso ad assumere impegni reali per disinnescare quelle normative, retaggio di una burocrazia ambientalista in prevalenza ideologica, che portano l’Italia, assieme all’Unione Europea, ad assumere un masochistico atteggiamento “autofobo”, fra tasse e balzelli vari e divieti sempre più totalizzanti in ambito urbano.

Per il Piemonte, poter tornare a esprimere quanto meno un quinto della futura accresciuta produzione automobilistica nazionale, salvaguardando altresì gli altri filoni relativi alle attività di ricerca e all’economia circolare e del riciclo delle batterie, vorrebbe dire acquisire una rinnovata capacità attrattiva nei confronti di ulteriori investitori nei settori a più alta creazione di tecnologia e di valore, dopo l’addio di fatto alla prospettiva di ospitare il nuovo stabilimento di semiconduttori della chip house americana Intel.

La lotta all’isolamento infrastrutturale, in tutto ciò, resta un passaggio decisivo per aumentare l’appeal sul piano del contenimento dei costi logistici destinati inevitabilmente a salire, appena fuori dai cancelli delle fabbriche, a causa di collegamenti carenti, incompleti e inesistenti via gomma e rotaia e via cielo, a maggior modo di vedere per una Regione come il Piemonte a vocazione frontaliera nei confronti della Francia e retroportuale verso la Liguria, e per converso fagocitata dalla vicina Lombardia al netto dei problemi climatici che quest’ultima sta avendo.

Proprio la situazione lombarda conferma che servirebbe un Piemonte più preparato dal punto di vista della compiutezza e della completezza delle reti di interconnessione e di connettività fisica interna e con l’esterno.

Dir politico Alessandro ZORGNIOTTI