Dieci mesi di governo, è tempo di bilanci

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Sono passati dieci mesi dall’insediamento del Governo. È tempo per un primo bilancio. Di politica se ne è vista poca e francamente, da chi la mangia fin dai tempi dell’adolescenza come la Meloni o da partiti che sono stati più volte al governo, ci si aspettava di più. Non si vede un briciolo di sovranismo, non si assiste ad alcuna vera battaglia in Europa, non si capisce come e quando i sedicenti patrioti abbiano deciso di difendere la Patria. Ricordo quando la Meloni elogiava, spesso fuori luogo, Viktor Orbán, attuale Primo ministro dell’Ungheria

“È un modello per il centro-destra italiano”, “Orbán non ha paura di combattere contro la speculazione finanziaria”. Sono frasi sue. Oggi Orbán, mi duole dirlo, è l’unico capo di Stato europeo, che, per quanto riguarda la guerra in Ucraina, lavora per la pace e per l’interesse europeo. Alcuni giorni fa ha dichiarato: “Gli occidentali vogliono che la guerra continui”. E ancora, parlando dei suoi colleghi al Consiglio d’Europa, “la percentuale e il numero dei sostenitori della guerra rimangono schiaccianti e non c’è quasi nessuno di noi che usi la voce della pace”. Sulle sanzioni invece ha detto: “Dobbiamo essere preparati al fatto che la guerra e le sanzioni non scompariranno dalla nostra vita, se ciò accadesse davvero, gran parte dei problemi economici verrebbero risolti”. Mi viene in mente quel che disse la Meloni nel 2018 sulle sanzioni alla Russia. Eppure, allora Mosca già controllava la Crimea. “Quando sarà al governo Fratelli d’Italia abolirà le sanzioni contro la Russia che massacrano il mercato italiano. Difenderemo l’italianità e denunceremo ogni trattato di libero scambio che non preveda una valorizzazione del Made in Italy. Prima gli italiani”. Oggi, proprio lei, una trumpiana della prima ora, pende dalle labbra di Biden, il quale non ha certo gli interessi dell’Italia al primo posto della sua agenda.
Dieci mesi di governo, è tempo di bilanci – Le dichiarazioni

È bene ricordare che, quando l’Italia, sotto pressione americana e francese, decise di partecipare all’ignobile guerra in Libia, ovvero decise di avallare la più grande sconfitta geopolitica per il nostro Paese dai tempi della Seconda Guerra Mondiale, la Meloni era ministro della Repubblica, La Russa ministro della Difesa e Biden, proprio lui, Vicepresidente degli Stati Uniti d’America. Biden e Hillary Clinton seguivano pedissequamente i suggerimenti dei neocon statunitensi. E i risultati, soprattutto noi italiani, li stiamo ancora pagando. Nel 2019, Giorgia Meloni, che evidentemente aveva dimenticato di far parte del Governo che decise di partecipare all’intervento in Libia, disse:

“La Francia ha compromesso il rapporto di amicizia con l’Italia nel 2011 quando ha mosso guerra alla Libia per cancellare gli accordi di approvvigionamento energetico siglati tra Italia e Libia”. È vero, quella guerra la volle Sarkozy, ma la vollero anche Obama, la Clinton e Biden. Non si capisce perché oggi, davanti a Biden, tra l’altro non più del tutto lucido, lei si comporti come una scolaretta timorosa. C’è chi sostiene che abbia fatto un semplice calcolo. Meglio avere il sostegno di Washington se si intende guerreggiare in Europa. Eppure, quell’atteggiamento tronfio verso Bruxelles che aveva ai tempi dell’opposizione pare esser stato soffocato dalla soddisfazione di poter passeggiare nei corridoi di Palazzo Chigi.

Ricordo le sue dichiarazioni mirabolanti contro l’obbligo del Pos e a difesa dei commercianti. Poi sono bastate alcune, tra l’altro timide, proteste da parte della Commissione europea e la Meloni si è rimangiata ore e ore di comizi. Per non parlare del tema migratorio, tema con il quale il centro-destra ha vinto le elezioni. “Noi siamo abituati a un’Italia che si occupa soprattutto di andare a cercare i migranti attraverso tutto il Mediterraneo, quello che vuole fare questo governo è cercare gli scafisti lungo tutto il globo terracqueo”.

È un passaggio della sgangherata conferenza stampa che tenne a Cutro dopo il naufragio che costò la vita, tra vittime accertate e dispersi, a oltre cento persone. Gli scafisti sono stati trovati? Quanti? Dove? Sono in carcere? Domande che i giornalisti che seguono la Meloni in tutto il mondo dovrebbero rivolgerle una volta al giorno ma non fanno, anche perché, ahimè, nel nostro Paese il governo ha un potere inimmaginabile sull’informazione pubblica e privata.

ALESSANDRO DI BATTISTA