Povertà, perché ora serve il salario minimo

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Le politiche di contrasto alla povertà, in Italia, sono emerse timidamente e sperimentale tra gli anni 90 e i primi anni 2000. Hanno avuto un avanzamento importante nel 2018 con il Reddito di inclusione (Rei) che stanziava 1,5 miliardi di euro per circa 350 mila nuclei, e hanno trovato una affermazione definitiva dal 2019 con il Reddito di Cittadinanza (RdC) quando si allocarono 8 miliardi annui per una platea iniziale di 1,3 milioni di nuclei

Meno di un anno dopo, l’arrivo della pandemia spinse la platea a 1,7 milioni di nuclei, ovvero quasi 4 milioni di persone, e vi si aggiunse, temporaneamente, il reddito di emergenza (Rem), con criteri di entrata più generosi, per altri circa 400 mila nuclei tra il 2020 e il 2021, con un picco di 5 milioni di individui raggiunti in totale tra RdC e Rem nel 2021.

Nel 2020, dopo il primo anno di RdC, e prima della pandemia, secondo Istat, la povertà si era ridotta di circa il 10%, e interessava 4,5 milioni di persone. La povertà infatti non si azzera, in nessuna parte del mondo, neanche dove ci sono strumenti molto avanzati di sostegno. Ma con il Rdc si alleviano fondamentalmente le condizioni di indigenza dei percettori, anche se rimangono sotto la soglia di povertà, e per una parte si riesce anche a portarli sopra la soglia.

L’efficacia del Rdc si misura sulla base della corrispondenza tra la platea stimata dalla relazione tecnica del Rdc e la platea raggiunta (il cosiddetto tasso di adesione): il dato in Italia è superiore al 90% ed è superiore a qualsiasi altro paese europeo, dove il tasso di adesione alle misure di contrasto alla povertà è di circa il 50% – 60%.

Il Rdc ha raggiunto in media circa la metà dei poveri assoluti, contribuendo secondo Istat, in pandemia, al contenimento della povertà per circa 1 milione di persone.

Nel 2021 complice la pandemia, la povertà era cresciuta nuovamente, a 5,6 milioni di persone, ma in assenza di Rdc sarebbe arrivata a 6,6 milioni di persone.

Inoltre, 8 miliardi di euro sono stati distribuiti dalla fiscalità generale ai due decimi più poveri della distribuzione del reddito, contribuendo in questo modo a ridurre la disuguaglianza: infatti il rapporto tra il 20% più ricco della distribuzione e il 20% più povero si è ridotto, nel primo anno della misura, da 6,4 a 5,9 e l’indice di Gini si è ridotto di circa 1 punto.

Secondo una analisi molto robusta di Inps, anche la mortalità, nelle classi di reddito più basse, percettori di Rdc, si è ridotta, e la natalità, sempre per quelle classi, percettori di Rdc, è aumentata (Rapporto annuale Inps 2022).

Molte polemiche in questi anni hanno riguardato le irregolarità del Rdc, i cosiddetti furbetti. A questo riguardo è utile citare i dati ufficiali rilasciati dalla Ministra Calderone il 3 agosto scorso davanti al Parlamento riguardanti i pagamenti indebiti ricevuti dai circa 37 mila percettori irregolari del Rdc (su circa 4 mln totali), per circa 506 milioni di euro (su una spesa di circa 31,5 miliardi) dal 2019 al 2023. Si tratta di poco meno dell’1% dei percettori, per una spesa indebita di circa 1,6%.

Questi dati rappresentano una grande efficacia dei controlli preventivi e successivi sul Rdc rispetto ad altre misure di sostegno al reddito, quali la Naspi, la disoccupazione agricola e la disabilità (che hanno percentuali ben più alte di irregolarità). L’efficacia dei controlli sul RdC è dovuta soprattutto al fatto che nel 2019 l’ Inps istituisce per la prima volta una Direzione Antifrode ad hoc per contrastare i fenomeni irregolari e stipula una serie di convenzioni con altri enti della Pubblica amministrazione e con le forze dell’ordine, in particolare i Carabinieri dell’Inl e la Guardia di Finanza.

In questo modo, secondo i dati ufficiali Inps, dal 2019 al 2022 vengono respinte oltre 1,7 milioni di domande di Rdc, ne vengono fatte decadere 871 mila e ne vengono revocate 214mila, per un totale di oltre 2,1 milioni di domande e una spesa non erogata di oltre 11 miliardi.

Purtroppo, altri fenomeni fraudolenti, sebbene contrastati dalla direzione antifrode Inps, hanno dimensioni di gran lunga superiore al RdC in termini di irregolarità (secondo il rapporto annuale Inps 2022) quali: i rapporti di lavoro fittizio (ne sono stati intercettati 10 mila solo nel 2021 corrispondenti ad un valore economico di 80 milioni), la compensazione indebita dei crediti da parte di aziende verso altri enti della Pubblica amministrazione (sono state intercettate 6000 imprese per un valore economico di 100 milioni solo nel 2021), l’utilizzo improprio della cassa integrazione di emergenza (sono state intercettate 3000 aziende irregolari tra il 2020 e il 21) e l’evasione contributiva che è pari a circa 25 miliardi di euro annui, ovvero il 10% dei contributi versati.

Un’altra polemica speciosa ha riguardato una ipotetica mancanza di manodopera stagionale. Anche su questo è utile citare i dati (Osservatorio Inps), perché ci ricordano che tra il 2018, quando il Rdc non esisteva, e il 2022, il numero di stagionali è cresciuto progressivamente in presenza di Rdc passando da 654.498 a 1.018.089 (anno record nel 2022).

Molti sono emersi dal nero proprio grazie al Rdc. Infatti gli stagionali non sono interessati al Rdc ma alla Naspi come principale strumento nei periodi non lavorati. Il Rdc ha sicuramente rivelato che i salari sono troppo bassi nel nostro Paese, ed ha spinto molti a non accettare salari troppo bassi e lavoro nero.

Per questo è forte l’esigenza di un salario minimo: per rendere chiara la scelta tra il Rdc che in media elargiva 550 euro a nucleo e il lavoro ben retribuito che per un full time non può essere meno di 1500 euro (tanto sarebbe infatti un salario mensile a 9 euro lordi l’ora).