Gli ott’antanni di Barbara Bouchet, icona sexy degli anni ’70

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Barbara Bouchet spegne ottanta candeline. Di origine tedesca, figlia d’arte, con un passato segnato dalla Germania nazista: fu l’arrivo negli Usa a darle stabilità

Diventa volto noto tra poliziotteschi e thriller, commedie sexy all’italiana, e come rappresentante del fitness in Italia.

La carriera di Bouchet racchiude una lunghissima filmografia. La ritroviamo ne “Il Virginiano”, in “A braccia aperte” di J. Lee Thompson o “Prima vittoria” di Otto Preminger. Avrà più risalto nel paradossale “Casinò Royale” del 1967 come Miss Moneypenny a fianco di David Niven e in “Sweet Charity” di Bob Fosse (1969), “Il prete sposato” di Marco Vicario e “Milano Calibro 9” di Fernando Di Leo, “Liquirizia” di Salvatore Samperi e “Non si sevizia così un paperino” di Lucio Fulci. Lavora anche in “La Calandria” di Pasquale Festa Campanile, “L’anatra all’arancia” di Luciano Salce o “Per le antiche scale” di Mauro Bolognini. In seguito le apparizioni sono più limitate come in “Gangs of New York” di Martin Scorsese (2002), in “Metti la nonna in freezer” di Fontana e Stasi (2018), “Calibro 9” di Toni D’Angelo. Nel 2004 è musa di Quentin Tarantino.

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