Gli indicatori macroeconomici statunitensi, che si sono dimostrati più stabili del previsto, stanno man mano facendo svanire il timore di una recessione per lasciare spazio al soft landing: Goldman Sachs, ad esempio, proprio questa settimana ha, infatti, abbassato la probabilità che si verifichi una recessione negli Stati Uniti nei prossimi 12 mesi al 15% dal precedente 20%
Il soft landing rappresenterebbe lo scenario ideale per traghettare gli Usa verso una nuova fase del ciclo economico: la crescita economica rallenta ma non si ferma, l’inflazione decresce raggiungendo in modo graduale l’obiettivo del 2% della Fed senza tuttavia portare i prezzi alla stagnazione, i tassi d’interesse si mantengono su livelli alti e relativamente stabili per diverso tempo. In questo contesto, non è da trascurare la tenuta del mercato del lavoro: in cui decresce la creazione di nuovi posti di lavoro pur rimanendo abbondante rispetto alla quantità di lavoratori in cerca di occupazione.
Di conseguenza, meno pressione dal lato dell’offerta di lavoro comporta una minore pressione al rialzo dei salari.
Questa ricetta prevede tassi alti per un periodo di tempo sufficiente affinché effetti delle politiche monetarie restrittive siano visibili sull’economia reale evitando bruschi e repentini aggiustamenti di tali politiche.
Un’economia statunitense ancora brillante ed il prezzo del petrolio spinto al rialzo dalla decisione di Arabia Saudita e Russia di estendere i tagli alla produzione, hanno aumentato nel corso della settimana le aspettative inflazionistiche: in questo contesto, diversi esponenti della Fed hanno dichiarato di essere “data dependent”, ovvero che il board deciderà se aumentare o meno i tassi alla prossima riunione (in programma per il 20 settembre) in base ai dati che man mano vengono resi noti.
L’obiettivo della Fed di traghettare l’economia verso un “atterraggio morbido” riportando contemporaneamente l’inflazione verso i livelli target è ambizioso, ma i mercati ad oggi sembrano crederci.



