L’ITALIA SFIORA DI NUOVO LA ZONA RECESSIONE? PIL SOTTO LE ATTESE, IN BILICO 20 MILIARDI NELLA MANOVRA 2024

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Qualche dubbio pure sulla nuova ZES unica per il Sud in vigore dal prossimo primo gennaio: non utile se non saranno utilizzati tutti i fondi del Pnrr per il Mezzogiorno

Forse, dal punto di vista tecnico, non si può parlare di zona recessione, ma di zona stagnazione sì. Le rilevazioni statistiche della Commissione UE hanno certificato in capo all’Italia la peggiore performance fra i trend economici dei 27 Paesi dell’Europa comunitaria, destinata a permanere al di sotto dell’uno per cento sia a tutto il 2023 che a tutto l’anno venturo.

Un brutto guaio per il governo Meloni chiamato a gestire un 2024 che sarà molto complicato dal punto di vista della tenuta politica in ragione del cumularsi di appuntamenti elettorali tra voto per il Parlamento europeo e scadenze per il rinnovo di molte amministrazioni comunali e regionali strategiche. Mentre solo per ragioni di cassa, pari a un miliardo di euro, non si sono aggiunte le consultazioni elettive provinciali, il cui mancato svolgimento potrà comunque un problema connesso al mancato ricollocamento di parte del personale dei partiti, di maggioranza ma anche di opposizione, che rimarrà senza incarichi nel corso dei mesi a venire.

Veniamo però al pallottoliere dei conti pubblici: la seconda legge di stabilità e di bilancio del Governo Meloni sarà probabilmente una delle più complicate in assoluto, poiché deve continuare ad assorbire gli shock, tutt’altro che rientrati delle emergenze sanitarie e belliche di livello continentale susseguitesi dal 2020, con l’aggravante di dover ulteriormente restringere il margine di agibilità finanziaria a causa del rientro in vigore del “fiscal compact”, la clausola di progressivo contenimento dei rapporti di deficit e debito in relazione al PIL che il commissario UE Paolo Gentiloni ha già dichiarato che non verrà ulteriormente sospesa.

Siccome i negoziati intergovernativi a Bruxelles sono a un punto di stallo, rispetto alla proposta della Commissione Von Der Leyen, la prospettiva è di dover predisporre una manovra che tutto sarà fuorché di accompagnamento al tour de force delle urne elettorali caratterizzante il primo semestre del 2024.

La stessa attuazione di molti capitoli del Pnrr appare in bilico, poiché la messa in pista di importanti risorse europee del “Recovery Plan” è a propria volta collegata alla possibilità, per il bilancio dello Stato italiano, di procedere a cofinanziamenti locali integrativi, basti pensare all’adeguamento dei costi delle materie prime, destinati però a ricadere nei vincoli prima ricordati.

Un ambito osservato speciale è quello della sanità pubblica, sul quale il ministro delegato Orazio Schillaci ha più volte fatto sapere di considerare uno stanziamento aggiuntivo di 4 miliardi di euro il minimo indispensabile per non fare abdicare la tutela istituzionale del diritto alla salute, compromessa non solo dalle carenze di fondi ma altresì da presunte condotte illecite di alcuni operatori medici nella gestione delle liste di attesa.

Il Governo, conscio dell’alto rischio reputazionale ed elettorale di un eccessivo depotenziamento del fondo centrale per il SSN, sta pertanto valutando l’ipotesi di procedere all’introduzione di nuove o maggiori imposte a valere per esempio sulle scommesse e sui giochi on-line, talvolta fonte di fenomeni elusivi dei carichi e degli obblighi tributari. Ma si tratterebbe solo di uno dei capitoli da mettere in sicurezza, oltre a quello sulle pensioni dove potrebbe delinearsi un ritorno sic et simpliciter alle disposizioni più rigorose della legge Fornero dell’era Monti.

In tale scenario, non convince totalmente neppure la tanto declamata introduzione, a partire dal prossimo primo gennaio, della ZES unica per il Sud, ossia una edizione della Zona economica speciale estesa a tutte le Regioni del Mezzogiorno a superamento della frammentazione di quelle attuali che operano su aree circoscritte a gestione commissariale decentrata.

La riforma della ZES prevede l’accentramento gestionale presso una struttura di missione, in pratica una cabina di regia, che sarà insediata a palazzo Chigi con il compito di verificare e validare progetti di investimento aziendale di importo unitario minimo di 200.000 euro su cui fare convergere le agevolazioni fiscali, amministrative e burocratiche.

Per la messa in opera della nuova zona allargata, che avrebbe già ricevuto il via libera preventivo della Commissione UE, il decreto varato da palazzo Chigi stanzia un miliardo e mezzo di euro ogni anno per il primo triennio, ma è evidente che in assenza dei fondi Pnrr, che dovrebbero ridurre i costi legati ai gap energetici e infrastrutturali, il potenziale della ZES sarà molto al di sotto dello standard auspicato e auspicabile.

Mentre relativamente al capitolo fiscale si attendono i decreti di attuazione della delega di riforma del sistema tributario che dovrebbero introdurre le premialità Ires per le società che investono nelle aree depresse e le coperture per la detassazione delle buste paga e del costo lordo del lavoro.

Dir politico Alessandro ZORGNIOTTI