La cifra è esattamente quella corrispondente ai maggiori oneri di bilancio stimati a seguito del rincaro del costo del denaro deciso dalla Eurotower di Francoforte
L’inflazione stenta a diminuire, epperò le necessità del bilancio statale e dei bilanci domestici e familiari continuano ad aumentare in misura incessante, in concomitanza con le maggiori spese pubbliche e private conseguenti all’ulteriore aumento dei tassi di interesse deliberato dalla BCE.
Per questo motivo, e nella prospettiva di un 2024 che si annuncia tutt’altro che semplice per il Governo e la maggioranza politico amministrativa in carica, palazzo Chigi è alla ricerca di una quadratura che in certa misura renda usufruibile in tempi immediati e certi i progetti di riforma fiscale e dell’imposizione diretta a beneficio di quelle classi di reddito a maggiore rischio di impoverimento.
La legge di delega per la riforma del sistema tributario, che prevede di accorpare da quattro a tre le aliquote Irpef, e di concentrare tale semplificazione in corrispondenza dello scaglione reddituale medio basso, racchiude una serie di elementi molto favorevoli alla riconquista elettorale di un ceto medio, quello con redditi e indicatori ISEE familiari unitari fino a 36.000 euro annui, oramai allo stremo delle proprie forze.
Ebbene, così come è stato calcolato, l’accorpamento delle prime due aliquote Irpef, con l’obiettivo di agevolare il potere d’acquisto delle soglie reddituali indicate prima, unitamente alla proroga, a tutto il 2024, della riduzione del cuneo fiscale, ossia l’abbattimento della componente contributiva del costo del lavoro, richiederà al Governo Meloni uno sforzo aggiuntivo pari a 14 miliardi di euro, che non dovranno essere reperiti una tantum ma richiederanno una dotazione certa di pari importo da stanziare puntualmente con periodicità annuale.
Appare pertanto evidente che, come già è stato messo in bella evidenza dal ministro dell’industria e del made in Italy Adolfo Urso fin dal trascorso mese di agosto, il prezzo della benzina al dettaglio, ossia da pagare al distributore della stazione di servizio, non diminuirà di un solo centesimo, essendo i proventi del gettito delle accise destinati a concorrere al finanziamento del piano strutturale di riduzione della imposizione diretta Irpef e del cuneo contributivo (ma non anche di quello fiscale).
Il rischio corrente è che il governo in carica, in parte disattentendo le aspettative della ex “middle class”, cada nella trappola pauperista già evidenziata in occasione delle più recenti misure in tema di bonus bollette e di bonus per la spesa alimentare: fissando cioè delle soglie massimali reddituali e ISEE tali da comportare l’esclusione di scaglioni appena più elevati. Gli stessi che fanno affidamento sulla legge delega di riforma tributaria per poter beneficiare di qualche tregua sul fronte della entità dei versamenti e della consequenzialità delle scadenze.
Non è un caso che, fra le ipotesi in campo per consentire un recupero di liquidità, vi sia – oltre a quella di anticipare la detassazione delle tredicesime fin dal mese di dicembre 2023 – la proposta di posticipare al 2024, con un piano di rateazione fino a sei mensilità, l’acconto Irpef solitamente da versare entro il mese di novembre di ogni anno per la competenza di quello successivo. Una misura che andrebbe a beneficio dei titolari di partita Iva titolari di una fatturazione globale annuale lorda fino a 500.000 euro, parametro in forza del quale i beneficiari sarebbero all’incirca 3,5 milioni di autonomi e professionisti.
Dir politico Alessandro ZORGNIOTTI




