AL DISTRIBUTORE TORNA L’INCUBO MONTI: BENZINA A DUE EURO

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Per chi suona (l’accisa) fisarmonica? Per nessuno. Gli spot elettorali di Giorgia Meloni in auto, intenta a fare il pieno di carburante e a criticare lo Stato in formato sceriffo di Nottingham che trasforma il popolo dei benzinai in esattori, sono ormai pellicole da istituto Luce

Mentre i proclami di Matteo Salvini – titolare diretto, assieme al responsabile del dicastero del MEF Giancarlo Giorgetti, della potestà di incidere flessibilmente sulla famigerata tassa – rappresentano echi sempre più lontani di cui viene quasi rinnegata la fonte.

Dulcis, amaro, in fundo, l’effetto boomerang e di ritorno del decreto che a inizio anno fu fortemente voluto dal ministro dell’industria e del made in Italy Adolfo Urso, per imporre ai gestori dei distributori un processo di trasparenza dei prezzi del carburante con l’indicazione obbligatoria dei cosiddetti listini medi.

Che adesso, per effetto delle decisioni dei Paesi produttori di oro nero e delle condizioni applicate dalle società petrolifere su raffinazione (attività intermedia assai energivora) e trasporto, risultano essersi tutti livellati, ma verso l’alto. Karma nel karma, dovrà essere lo stesso Governo fustigatore (dall’opposizione parlamentare) del tributo in questione, a dover decidere se applicare il principio della fisarmonica – che in origine venne introdotto dai governi di centrosinistra di Romano Prodi – per restringere la pressione dell’accisa al crescere del prezzo del carburante, così da ridurre l’incidenza contestuale dell’onere dell’IVA.

Le dichiarazioni del ministro Urso lasciano tuttavia, in abbinamento a quelle del ministero delle finanze, pochi o nulli spiragli che l’epilogo possa essere quest’ultimo. Soprattutto dopo le risultanze del gettito procurato da questi due cespiti fiscali nel corso della stagione estiva e turistica che – a proposito di extra profitti (quelli imputati sempre agli altri) – ha permesso all’erario la formazione di un gettito addizionale nella misura di 3 miliardi a cadenza mensile. Risorse, come ha ribadito proprio il ministro dell’industria, che dovrebbero servire a rendere strutturale l’abbattimento del cuneo contributivo sulle buste paga e a consentire l’attuazione del primo modulo della riforma tributaria anticipando già con effetto dal prossimo Natale la detassazione della mensilità aggiuntiva o tredicesima.

Dovrebbero, condizionale d’obbligo, perché l’approssimarsi dei termini entro cui adottare il disegno di legge di stabilità finanziaria e di bilancio sta registrando il sovrapporsi e lo stratificarsi di pressanti richieste dai titolari dei vari dicasteri, sanità e infrastrutture in primis, per evitare lo smantellamento delle strutture preposte alla tutela della salute e per permettere l’avvio di cantieri molto significativi per le attese di parte importante dell’opinione pubblica, dal ponte sullo stretto di Messina fino alle opere complementari alla realizzazione del Pnrr.

Senza considerare il sempre presente capitolo previdenziale, fra quote 100 e 103 per attenuare la legge Fornero e l’esigenza di perpetuare almeno in parte il meccanismo di indicizzazione e rivalutazione degli assegni pensionistici medi e medio bassi per la quale Salvini e Meloni si sono sempre tenacemente battuti (dall’opposizione) nel più generale contesto di contrasto alla madre di tutte le riforme del Governo di Mario Monti.

Governo il cui fantasma riecheggia più volte, materializzandosi agli occhi degli automobilisti e dei trasportatori attraverso i cartelli esposti lungo le autostrade e le principali arterie stradali dell’Italia e sul quale è appunto indicato quel fatidico numero, il 2, che accompagna la memoria al prezzo medio vigente undici anni fa al tempo in cui a palazzo Chigi sedeva il Consiglio dei Ministri dei professori.

E due diventa sinonimo di un altro significato: quello riferito al gioco delle carte dove nelle picche tale numero sta a indicare l’irrilevanza, questa volta delle promesse venute a più riprese nel corso delle campagne elettorali delle componenti politiche maggioritarie dell’attuale coalizione governativa. Alla guida del Paese, ma con la luce rossa già accesa in riserva in vista della prossima manovra di bilancio.

Dir politico Alessandro ZORGNIOTTI