Non sono ancora chiari quelli che saranno gli effetti sul PIL del conflitto innescato dall’aggressione di Hamas contro lo Stato ebraico, ma la settimana si apre con un segno negativo in Borsa e una impennata dei listini di greggio e metano
Se le ostilità in Medio Oriente avessero a protrarsi, interessando peraltro una serie di sbocchi logistici essenziali al transito di importanti materie prime e risorse naturali, allora le conseguenze potrebbero riflettersi in termini di maggiori oneri a oggi non prevedibili a carico di famiglie, imprese e pubbliche amministrazioni.
Senza dimenticare le ripercussioni sui partenariati fra Roma e Tel Aviv in molteplici settori, dalla difesa alla sicurezza informatica e cibernetica, dalle tecnologie per l’agricoltura alla cooperazione accademica fra atenei.
Per adesso, cominciano a trapelare i primi numeri relativi a quello che sarà il disegno di legge di stabilità e di bilancio: come già avevamo annunciato dal nostro giornale alcuni giorni fa, si tratterà di una manovra light, con un saldo oscillante fra i 20 e i 22 miliardi di euro, che attraverso la parziale abolizione del reddito di cittadinanza e altri interventi diversi di limatura dei budget dei singoli Ministeri – imposti dal ministro e custode dei conti pubblici, il leghista moderato Giancarlo Giorgetti – consentirà in buona pratica di finanziare la riduzione del costo del lavoro, quota cuneo contributivo, di rivalutare le pensioni di importo medio e medio basso, seguitando a integrare quelle al minimo, e permetterà infine di salvaguardare alcune finestre previdenziali di uscita anticipata dal lavoro in deroga alla (sempre vigente) legge Fornero.
Rimane l’incognita del ruolo dell’agenzia delle entrate riscossione, a cui il viceministro di Fratelli d’Italia Maurizio Leo ha demandato l’invio di una valanga di cartelle esattoriali a rottamazione scaduta: da esse si punta a riscuotere un gettito di almeno 4 miliardi, però senza esagerare con la mano pesante poiché il tema delle esazioni urta di parecchio la sensibilità dell’elettore medio italiano, propenso a votare per quei partiti che in campagna elettorale promettono una tregua fiscale, salvo poi ribadire e rafforzare il potere di intromissione degli agenti delle tasse.
Di più non potrà essere fatto, anche perché rimane il gigantesco punto interrogativo del reperimento degli almeno 4 miliardi che occorrono a evitare il de-finanziamento del fondo sanitario nazionale, tema al centro dello scontro fra maggioranza e opposizioni e di gravità tale da non escludere un regolamento di conti (pubblici) fra Roma e Bruxelles con l’invito della Commissione UE per Giorgia Meloni a ratificare il tanto detestato Mes relativamente alla linea del prestito agevolato vincolato alla riorganizzazione dei servizi di sanità centrale e territoriale: una partita del valore di una trentina di miliardi di euro massimali, ma che palazzo Chigi potrebbe decidere di utilizzare in una misura fra i 5 e i 10 miliardi per mettere al sicuro il diritto universale alla salute, ridurre la lunghezza delle liste di attesa, adeguare gli stipendi del personale e integrare il Pnrr.
Oltre che per placare parte delle richieste provenienti dai Presidenti delle Regioni, soprattutto di centrodestra, che andranno al voto sempre nella prima parte del prossimo anno.
Poi, dalla fine di giugno in avanti, archiviati i risultati delle urne, sulla base di questi ultimi e dei nuovi scenari delle istituzioni comunitarie di Bruxelles, si deciderà a come mettere mano a quella che sarà una inevitabile manovra correttiva. Capitolo di cui ovviamente nessuno adesso intende parlare.
Dir politico Alessandro ZORGNIOTTI




