Un’altra guerra da sopportare

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La tragica escalation di violenza in Israele ha tanti precedenti, ma nessun eguale. La pioggia di missili partiti dalla Striscia di Gaza e il parallelo blitz di truppe terrestri arabo-palestinesi non avevano mai colpito con tanta forza. “Spade di ferro” contro “Tempesta” o “Diluvio al-Aqsa”: i nomi delle due operazioni militari, rispettivamente israeliana di risposta e arabo-palestinese di offesa, dicono già tutto. Sono passati esattamente 50 anni da quell’ottobre 1973 in cui la Guerra del Kippur aveva insanguinato quell’angolo di mondo in modalità molto simili: con un attacco massiccio “a sorpresa” da parte di una coalizione araba (all’epoca con Egitto e Siria), che aveva fiutato quelli che riteneva punti deboli nello schieramento ebraico-occidentale. 

Già con il conflitto in Ucraina le giovani generazioni avevano imparato che la guerra non era più un insieme di parole scritte sui libri di storia, ma una realtà infuocata che covava sotto braci riaccese dall’odio. Un odio, quello tra israeliani e palestinesi, che ha radici profonde e che disegna scenari apocalittici. Con l’Iran all’orizzonte, non solo geograficamente. Perché Hamas ha attaccato ora lo Stato ebraico? Come reagirà Israele? Il conflitto si allargherà? Hamas ha deciso di sbattere con mortale forza la questione palestinese sul tavolo del Medio Oriente in un momento delicato per Israele, approfittando di presunte debolezze interne all’area e allo Stato ebraico. Il tutto al netto di scontri isolati ed episodi di violenza, che contrastavano con la generale situazione di stallo che gli Accordi di Abramo e il riavvicinamento tra Israele e Arabia Saudita aveva in qualche modo creato.

E invece no, gli islamisti palestinesi hanno sferrato un attacco talmente grande da rivelare una lunga pianificazione. Forti anche del miglioramento del proprio assetto militare, non solo via terra e con la capacità di fuoco, ma anche con incursioni marine con il blitz dei cosiddetti “uomini rana” specializzati in incursioni costiere e sabotaggio di infrastrutture offshore. Un loro obiettivo possibile possono essere i giacimenti di gas israeliani. Le incursioni combinate di terra, aria e mare, anche attraverso deltaplani e tunnel, rappresentano un episodio inedito dal 2006, anno in cui i gruppi armati presero il controllo della Striscia di Gaza.

(ilmillimetro.it)