LA MISSIONE DI MELONI IN CINA? FOCALIZZATA A IMPLORARE IL NUOVO COSTRUTTORE DI AUTO IN ITALIA

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Rottamata la Via della Seta che nel 2019 venne siglata dall’allora Premier e attuale leader post grillino Beppe Conte, la presidente del Consiglio in carica è volata a Pechino alla corte dei massimi leader statali e comunisti cinesi con l’obiettivo, sollecitato dal mondo industriale italiano, di riattivare quelle relazioni economiche commerciali essenziali a recuperare oltre 4 miliardi di export Tricolore

Al di là e al netto dei memorandum di rito che sono stati solennemente siglati e sottoscritti, alla fine della visita di Stato di Giorgia Meloni a Pechino, alla corte di Xi, rimane soltanto un insieme di auspici e di dichiarazioni di rito sull’importanza di rapporti continuativi, equi ed equilibrati sul modello di Marco Polo e dei più moderni esploratori di opportunità di business.

Giorgia Meloni è apparsa molto distante dalle dichiarazioni belligeranti che proferiva come leader dell’opposizione al primo e al secondo governo Conte, accusato dalla fondatrice di Fratelli d’Italia di sottomettere gli interessi del Belpaese a quelli del Dragone.

Erano i mesi bui della pandemia da coronavirus – definito dal leader dei repubblicani americani Donald Trump il virus cinese – e il governo PD – 5 stelle era quotidianamente sotto il bersaglio della pubblica opinione e delle opposizioni di destra in forza delle abnormi restrizioni introdotte ai danni dei cittadini e delle attività economiche.

Adesso sembra trascorsa un’era geologica da quel periodo: la Cina, che nel frattempo è riuscita nel miracolo di fare dimenticare all’Occidente il mito negativo del Paese untore, è tornata protagonista pressoché assoluta sullo scacchiere industriale mondiale, consolidando il proprio primato nel settore della ricerca e della produzione di vetture elettriche (oltre che di pannelli solari) e accrescendo in tal senso il grado di dipendenza di un’Unione europea peraltro già messa a durissima prova dalle politiche di nazionalismo industriale della uscente amministrazione Biden.

Giorgia Meloni ha necessità di portare in Italia un secondo costruttore di automobili che integri il crescente disimpegno di Stellantis “fu Fiat”; e, nella contingenza attuale, soltanto il Paese della grande muraglia è nelle condizioni di soddisfare un simile “desiderata”. Tutto il resto – come canterebbe il celebre Franco Califano – è noia. Compreso l’ennesimo vertice convocato dal ministro del made in Italy, Adolfo Urso, per il prossimo 7 agosto, per cercare di fare sottoscrivere a Stellantis – fresca dell’inaugurazione della Grande Panda full Electric a Belgrado in Serbia – l’accordo per riportare la produzione minima annua di vetture nel nostro Paese a un milione di unità annue tra familiari e commerciali.

Dir politico Alessandro Zorgniotti