L’associazione Api del capoluogo piemontese, condotta dal presidente Fabrizio Cellino, ha divulgato l’indagine congiunturale che, oltre a passare in rassegna il primo semestre dell’anno in corso, apre uno squarcio poco rassicurante sulla seconda metà del 2024
Meno ordinativi e di conseguenza meno produzione. Con l’effetto inevitabile di vedere accresciuto il ricorso agli ammortizzatori sociali, che per le piccole imprese sono meno accessibili rispetto alle aziende di dimensioni maggiori.
Api Torino, associazione di categoria particolarmente rappresentativa sullo scacchiere dell’area metropolitana, ha elaborato una significativa ricognizione di mercato fra i propri associati, che non si limita a una panoramica sulla prima parte di un 2024 difficile, ma analizza i rischi da qui al 31 dicembre.
“Le crisi internazionali e la scarsa incisività delle politiche industriali nazionali – ha sottolineato il presidente, Fabrizio Cellino – stanno portando il nostro sistema industriale a una situazione prossima al picco più basso assoluto. Dopo il pessimo rallentamento verificatosi nel corso del 2023, le proiezioni per l’anno corrente si confermano non buone, e impongono una maggiore attenzione volta a strategie a sostegno di una più decisa internazionalizzazione e promozione estera del tessuto imprenditoriale diffuso che contraddistingue un’area come il Piemonte e come la provincia metropolitana di Torino”.
Sono gli stessi dati nazionali di Istat a rendere meno ottimistico gli scenari macro economici: se da un lato e su base mensile il prodotto manifatturiero è in crescita di qualche decimale, su scala mensile il calo è superiore ai due punti percentuali, una tendenza che si traduce in 4 imprese su dieci che, all’ombra della Mole antonelliana, si troveranno costrette a ridurre i livelli produttivi e occupazionali per fare fronte alla netta contrazione degli ordinativi, circostanza resa strutturale dalle scelte oramai irreversibili del gruppo Stellantis e dall’eccessivo rigorismo dell’Unione europea in tema di drastico abbandono dei modelli autonomistici endotermici.
Le indicazioni che emergono dalle rilevazioni di Api Torino, parte integrante del sistema Confapi, sembrano completare il report della CGIL sul mercato del lavoro piemontese: laddove la produzione industriale esprime un calo tendenziale, la crescita nominale dell’occupazione indica la prevalenza di posti di lavoro non stabili e a bassa produttività, tanto che il maggiore sindacato del lavoro dipendente e pensionato stima la venuta meno di 60.000 posizioni lavorative con occupati Istat della durata di un giorno. Decisamente troppo poco per gridare in maniera tronfia e trionfalistica alla primazia italiana sulla Germania, la cui recessione colpisce noi direttamente. Aspettando i cinesi che, al volante delle quattro ruote, magari porteranno pure a Torino un costruttore alternativo a Stellantis, ma a condizioni dove l’Italia figura come la controparte debole.
Dir politico Alessandro Zorgniotti




