Lisa Jewell – La notte in cui lei scomparve – Vicenza, Neri Pozza, 2023, 383 p. (269)

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Dal giugno 2017 al settembre 2018 scompaiono nel nulla, di notte, due giovani – Tallulah e Zach – poco più che ventenni baby genitori di un bimbo di circa un anno, Noah, lasciato in casa della nonna Kim

Lei riappare… in mezzo all’Atlantico in uno yacht!; lui… bisogna leggere per scoprirlo!…
Nei circa 15 mesi di mezzo accadono tante cose, ma poche che portino a trovare lo sbroglio della matassa, perché la Jewell – che non conoscevamo pur essendo lei una super letta, e veramente brava!, scrittrice inglese – ha saputo ben intrecciare le relazioni tra i vari personaggi di questo bel thriller scritto in piena pandemia.

Non solo: profonda conoscitrice delle debolezze, delle passioni e dei comportamenti umani, coinvolge il lettore da una parte nel tentare di scoprire la verità circa la doppia sparizione, dall’altra soprattutto nel voler capire chi sono e cosa fanno questi soggetti umani resi così veri ed autentici in queste pagine.

Commozione e soddisfazione in una narrazione scorrevole, con maestria intrecciate alla disperazione di una madre, ed alla furbizia e all’egoismo di un’altra giovinetta, Scarlett, la cui madre di queste ultime caratteristiche è la predominante ed incontrastata “proprietaria trasmittente”, insieme al ricchissimo padre, mai in famiglia, che ha loro donato una grande dimora antica modernizzata con parco, piscina, statue moderne e misteri annessi, mentre lui “per affari” gira il mondo senza curarsi di quanto succede in quella casa.

Nei pressi c’è una scuola, la Maypole House, un’antica residenza signorile trasformata in un convitto per ripetenti tra i sedici e i diciannove anni, una scuola per “asinelli” insomma, che però funziona abbastanza bene e di cui, in quei mesi drammatici, diviene preside il professore Gray, che porta con sé la compagna Sophie, scrittrice di gialli ed “alter ego” della Jewell, che per curiosità e un po’ per noia s’interessa a quelle scomparse e darà il suo contributo alla risoluzione del caso per mezzo di… un cartello inserito nei sui romanzi con su scritto “Scavare qui”, con una freccia rivola in basso, ben due volte apparso nei dintorni della scuola.

Il bello è che sotto terra ogni volta vengono trovati due oggetti: un anello con brillantino da fidanzamento ed uno strano utensile, forse un palanchino. Del primo è noto e facilmente scopribile per cosa potesse venire usato (da Zach e Tellulah); più difficile scoprire l’uso del secondo…

Legami familiari e turbolenze dell’adolescenza, senso della famiglia e diversità comportamentali sono le chiavi ermetiche da ben conoscere ed usare per interpretare correttamente questo romanzo, soprattutto comprenderlo in tutti suoi risvolti.

Il “tocco” narrativo di alcuni particolari, la descrizione efficace di certe atmosfere, la facile esplicitazione di non comuni pensieri, sono alcune “chicche” che abbiamo trovato piacevoli e soddisfacenti tra queste pagine: come il comportamento di un grosso cane, Toby, l’avanzo di brioche che contiene un’alta dose di zoplicone, il ruolo dei cellulari in questo caso poliziesco, in special modo il particolare di una foto su uno smartphone che fa risalire all’origine del caso ed al luogo dove si trovano alcuni personaggi chiave…

Infine, segnaliamo la differenza abissale tra due modi di vivere la vita: i ragazzi benestanti e quelli meno fortunati, entrambi ben caratterizzati nelle frasi, nei pensieri e nei comportamenti.
In due semplici parole: un buon giallo da leggere, in parte tragico in parte a lieto fine che, pensiamo, possa fare contenti tutti.

P.S. C’è una sola controindicazione per i lettori: se siete fra quelli – pochi ormai – a cui non piace leggere costretti dalla narrazione a saltabeccare qua e là, avanti ed indietro nel tempo e negli avvenimenti, come è spesso d’uso oggi tra gli scrittori, allora questo giallo non fa per voi!

franco cortese

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