GERMANIA, GROSSE KOALITION EXTRALARGE CONTRO LA “VALANGA NERA”

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Le elezioni regionali parziali in Turingia e in Sassonia, pur rappresentando una base elettorale totale di 5 milioni di aventi diritto su un totale di 60 milioni, consegnano una destra radicale rappresentativa di un votante su tre, che primeggia nel primo Stato federato (Land) e sfiora la maggioranza relativa nel secondo dove vince di strettissima misura la CDU: ecco allora che potrebbe rendersi necessaria una “grossa Unione modello Prodi” dai centristi bavaresi fino ai neocomunisti

La coalizione governativa di Olaf Scholz rappresenta oramai solo poco più un elettore tedesco ogni dieci, con il socialdemocratici ridotti a una cifra, i verdi a rischio quorum e i liberali azzerati.

L’insidia nei confronti delle formazioni centriste e riformiste, sia di maggioranza che di opposizione (CDU Csu), si materializza non solo sul fianco destro ma pure su quello sinistro, con la buona performance del partito della nuova sinistra che potrebbe confluire in un’ipotetica grosse koalition di salvezza nazionale.

Nel frattempo, il prossimo 22 settembre si svolgeranno ulteriori consultazioni regionali, questa volta nel Brandeburgo, e questa volta la Spd potrebbe scricchiolare a Berlino obbligando il Cancelliere Scholz alle dimissioni con un anno di anticipo sulla scadenza naturale del mandato attuale del Bundestag iniziato nell’autunno del 2021 a conclusione del lunghissimo interregno di Angela Merkel, la cui mancanza dalla scena politica attiva comincia seriamente a farsi sentire anche fra coloro che ne erano i detrattori.

Le elezioni parziali evidenziano come Germania e Francia comincino a essere due “malati” non soltanto economici ma pure politici, a causa dell’operato dei due vertici in carica, Scholz e Macron appunto, i cui piani di politica sia interna che estera (compreso l’approccio eccessivamente belligerante contro la Russia chiaramente non gradito dai rispettivi elettorati) hanno favorito e stanno favorendo il revivalismo e l’avanzata delle formazioni di destra e di sinistra a vocazione neofascista, nazionalista e socialcomunista.

Va detto, infatti, che la circostanza per la quale la formazione centrista di Macron non è scivolata infine in terza posizione, alle spalle di Marine Le Pen e di Melenchon, è solo perché in Francia le elezioni politiche si svolgono con il sistema a doppio turno – a differenza della tornata unica vigente in Germania – e il successivo ballottaggio ha consentito al partito politico del Capo dell’Eliseo di fare convergere su di sé, nei collegi in bilico, i voti della sinistra radicale in funzione “anti lepenista”.

La sostanza, però, non diverge di moltissimo dal quadro teutonico, il che fa sì che ci si avvii verso una Commissione von der Leyen bis necessariamente molto più debole e molto meno autorevole della precedente: appare infatti indubbio, e lo stesso dicasi pure per l’Italia, che a prevalere saranno anzitutto le preoccupazioni domestiche, relative alla scarsa tenuta del sistema energetico industriale, alla crisi del lavoro, al rigore fiscale che limita la spesa sociale e gli investimenti, nonché alla sempre più diffusa diffidenza degli elettorati rispetto alla transizione ecologica e al ruolo considerato troppo attivo degli Stati della UE nel conflitto russo ucraino.

Il voto parziale della ex Germania orientale ci consegna uno scenario in cui la maggioranza assoluta dei consensi premia le forze anti governative, anti interventiste e filo russe. Nello Stato Land della Turingia, la destra radicale di AfD, Alternative fur Deutschland, oltre ad avere conquistato la maggioranza relativa, anche nel caso venisse relegata all’opposizione avrà i numeri per esercitare le prerogative della minoranza di blocco su importanti questioni politiche, istituzionali e socio economiche. Prerogativa che non potrà invece utilizzare in Sassonia poiché il riconteggio dei voti ha assegnato ad AfD un seggio parlamentare in meno.

A seguito del risultato delle elezioni presidenziali americane, la cui campagna vede un serrato testa a testa fra il Repubblicano Donald Trump e la Democratica Kamala Harris, vedremo pertanto in novembre – quando nel frattempo l’esecutivo von der Leyen bis si sarà insediato a Bruxelles – quale effettiva consistenza assumerà il blocco europeo che si formerà, oppure no, intorno a Ursula.

Dir politico Alessandro Zorgniotti