La settimana che volge al termine ha visto protagonisti due eventi di rilievo nel panorama statunitense e, di riflesso, globale, che hanno catalizzato l’attenzione degli operatori: il dibattito televisivo tra i candidati alle elezioni presidenziali del 5 novembre e la pubblicazione del CPI relativo al mese di settembre
L’attesa per il primo confronto televisivo tra Kamala Harris e Donald Trump era molto elevata, data la probabilità di vittoria stimata intorno al 50-50. Tuttavia, post-dibattito, la candidata democratica sembra aver guadagnato un vantaggio di 10 punti sul repubblicano nei sondaggi.
Attualmente la corsa alla Casa Bianca rimane un testa a testa tra i due candidati che, secondo le proiezioni, difficilmente riusciranno a conquistare entrambe le Camere.
Pertanto, se si verificherà tale scenario, sarà difficile per la nuova presidenza riuscire ad attuare le riforme più estreme, indipendentemente dal vincitore: questo è l’elemento apprezzato dai mercati, soprattutto per i risvolti in termine di tassazione e, di conseguenza, di spesa pubblica e deficit.
Il report sui prezzi al consumo pubblicato mercoledì ha mostrato un’inflazione generale perfettamente in linea con le attese sia su base mensile che annuale (2,5% anno su anno e 0,2% mese su mese). La componente “core” ha mantenuto vive le scommesse sull’entità del prossimo taglio della Fed, essendo in linea con le attese ma superiore al 3%, con i prezzi dei servizi che si sono rivelati “sticky” a causa, tuttavia, delle componenti volatili.
In vista della riunione del FOMC del 17-18 settembre, gli operatori stimano come più probabile un taglio del costo del denaro di 25 punti base, ma non escludono un allentamento di entità superiore, nonostante permangano alcune tensioni sui prezzi.
Rendimenti della curva statunitense in diminuzione sia sulla parte breve che lunga: si conferma la disinversione della curva Treasury 2-10 anni ad indicare un maggior rendimento offerto per detenere un titolo di Stato americano a 10 anni rispetto ad uno di durata 2 anni.



