Il voto del nostro Paese si sarebbe sommato a quello di altri 9 Stati strategici dell’Unione, in seno al Comitato di difesa commerciale del Consiglio europeo, così da impedire la formazione di una maggioranza qualificata avversa al progetto di aggravamento delle imposizioni doganali sui veicoli elettrici provenienti da Pechino
Il Ministro delle imprese e del made in Italy, onorevole Adolfo Urso, si è tuttavia affrettato a precisare che Roma non vuole innescare alcuna guerra commerciale nei confronti del Dragone, ma la realtà è che – con la votazione assunta a Bruxelles – sarebbe venuta meno una delle condizioni fondamentali poste dalla compagnia automobilistica cinese Dongfeng per un eventuale investimento in territorio italiano volto a rivitalizzare uno dei purtroppo numerosi stabilimenti dismessi, chiusi o ridimensionati dal mancato successo dei modelli elettrici e dal prolungamento della cassa integrazione a zero ore.
In tal senso, si sarebbe frantumato pure il fronte patriottista capitanato dal Primo ministro ungherese Viktor Orban, da sempre contrario alla scelta di Bruxelles di innalzare la cinta daziaria avverso la Cina, con la quale il Paese magiaro, Presidente di turno del Consiglio dei Ministri europeo, vorrebbe viceversa consolidare una forte collaborazione manifatturiera e mercantile, dimostrata in ambito nazionale dalla disponibilità del Governo di destra di Budapest ad accogliere insediamenti di case costruttrici aperte dal gigante asiatico nel vecchio Continente, non soltanto in Ungheria ma nello stesso tempo in Polonia e in Spagna.
Viene adesso da domandarsi come si evolverà, o involverà, lo scenario di parte italiana: si giungerà a un rinnovato accordo produttivo con Stellantis, in virtù della probabile prossima sostituzione dell’amministratore delegato Carlos Tavares e dei più miti consigli a cui potrebbero scendere gli Agnelli Elkann a seguito delle gravi contestazioni fiscali mosse a loro carico?
Oppure: la trasferta di Giorgia Meloni a New York, al netto della dovuta e doverosa partecipazione agli Stati generali delle Nazioni Unite, è culminata nella cerimonia di premiazione della prima Premier donna della Storia d’Italia, da parte del magnate trumpiano Elon Musk, con un impegno di quest’ultimo a valutare nel concreto un progetto di investimento nel Belpaese, in forma magari di “factory” per l’industria aerospaziale o automobilistica tricolore? Eventualità quest’ultima che si potrebbe profilare nel caso di una vittoria dell’avversaria Kamala Harris, nella cui ipotesi Musk avrebbe fin d’ora dichiarato di non voler portare avanti in terra statunitense tutta una serie di operazioni aziendali a carattere strategico, dallo spazio alle batterie.
Dir politico Alessandro Zorgniotti



