L’ultimo fulmine a cielo già plumbeo proviene dalle indicazioni del piano strutturale di bilancio del Ministro Giancarlo Giorgetti, che pur smentendo una parificazione sic et simpliciter delle accise sul gasolio, o diesel, allo stesso livello di quelle sulla benzina, condurrà comunque a un reciproco allineamento fra le due voci stimato fin d’ora in un maggiore esborso medio di 200 euro annui per automobilista
Non deve inoltre essere dimenticato il fardello rappresentato dalle multe stradali, altrimenti dette contravvenzioni, assurte oramai ad autentica inequivoca forma di tassazione strutturale con cui numerosi enti locali, Comuni e Province in particolare, sia che vengano messe a ruolo e riscosse, tramite modalità sempre più coattive, sia che vengano iscritte a bilancio fra i residui attivi. Sta di fatto che, con riferimento al solo esercizio del 2023, il totale delle sanzioni pecuniarie incassate dalle amministrazioni territoriali soprattutto municipali, a norma del Codice della strada, ha raggiunto la cifra abnorme di un miliardo e mezzo di euro.
Sia chiaro che qui non si tratta di sindacare gli illeciti più gravi, dalla guida in stato di ebbrezza agli eccessi di velocità nei centri abitati a ridosso delle scuole; il tema è quello di evidenziare la tendenza a multare sempre di più il conducente di autoveicoli in qualità di viaggiatore pendolare per motivi di lavoro o di studio, a fronte della disastrosa condizione dei sistemi di trasporto pubblico.
Esiste poi, a livello impositivo regionale, il bollo auto, che assume i contorni di diritto e di fatto di una tassazione di tipo patrimoniale sul possesso dei mezzo a motore da parte del guidatore contribuente: le rilevazioni statistiche indicano che, mediamente in un anno, lo Stato e le Regioni ricevono un gettito aggregato superiore ai 7 miliardi di euro.
Va detto che, secondo una proposta della commissione trasporti del Parlamento europeo, tra qualche anno il bollo auto potrebbe venire uniformato su base comunitaria UE con l’obiettivo di rimuovere quelli che sono gli attuali ostacoli normativi e fiscali alla libera circolazione delle persone nel vecchio Continente, essendo la tassa italiana di ammontare assai più elevato e gravoso della media degli altri Stati membri.
Se a questi fattori in assoluto penalizzanti ne aggiungiamo altri, dovuti ai ritardi infrastrutturali, ai maggiori rischi di incidentalità, agli esorbitanti costi dell’assicurazione obbligatoria di responsabilità civile (461 euro per ogni vettura iscritta al pubblico registro automobilistico tenuto dall’Aci) e dei pedaggi autostradali – ammontanti a oltre 3 miliardi annui per i concessionari -, allora riusciamo a comprendere senza eccessivi problemi il motivo per cui l’Italia non sia un Belpaese per il settore veicolistico e delle quattroruote.
Per quanti errori e torti possano essere legittimamente attribuiti al management di Stellantis, non dovrebbe essere difficile capire come mai accrescere la produzione automobilistica, da noi, sia scarsamente realizzabile, e la ragione per cui fatichino ad arrivare investimenti sostitutivi e compensativi del disimpegno della ex FIAT.
Dir politico Alessandro Zorgniotti





