Stati Uniti: + Trump – tagli

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Questa settimana i mercati sembrano aver all’improvviso aperto il calendario: le elezioni americane, in programma il 5 novembre, si stanno avvicinando: dopo tanta attesa, tante supposizioni e tante previsioni, è quasi giunta l’ora

Nel testa a testa tra i due candidati sembra in vantaggio il Repubblicano, con i sondaggi che negli ultimi giorni hanno evidenziato un aumento del divario tra Trump e Harris (sebbene l’affidabilità di tali sondaggi sia sempre da valutare con cautela).

Mentre il mondo equity strizza l’occhio a Trump e al suo programma di deregolamentazione, detassazione, dazi e un po’ di inflazione, il mondo obbligazionario si preoccupa dei tagli fiscali assolutamente non supportati da una riduzione della spesa pubblica.

E se è vero che entrambi i candidati sembrano destinati ad appesantire i conti pubblici, al Repubblicano è attribuita una maggior probabilità di riuscire, in caso di vittoria, a conquistare entrambi i rami del Congresso. Al contrario, la candidata Democratica potrebbe incontrare maggiori difficoltà a conquistare anche il Senato.

Questo elemento comporterebbe per Trump un più ampio margine di manovra nell’attuare il programma, compresi i punti che richiedono l’approvazione di Camera e Senato.

A metà settembre, con Harris e Trump in parità nei sondaggi, gli operatori si interrogavano su “soft landing o “hard landing”, venivano prezzati ulteriori maxi-cut della Fed, il rendimento del decennale toccava i minimi dell’anno al 3,6% e il biennale al 3,5%.

Da allora, il mercato ha dovuto rimodulare rapidamente le aspettative quasi ad ogni nuovo dato pubblicato a fronte di un’economia americana che, ancora una volta, non sembra intenzionata ad effettuare alcun atterraggio.

E così, per la riunione del FOMC in programma subito dopo le elezioni (6-7 novembre) al momento non è nemmeno pienamente prezzato un taglio da 25 punti base, a maggior ragione nel caso in cui dovesse uscire vincitore Trump dalla sfida elettorale.

Il decennale, passo dopo passo, ha così recuperato 60 punti base dai minimi di metà settembre portandosi al 4,20%, seguito dal rendimento a 2 anni che si trova anch’esso sopra il 4%.

Al momento i titoli di Stato Usa a lunga scadenza sembrano essere le principali vittime dell’incertezza elettorale, delle decisioni di politica monetaria e anche della rinnovata resilienza dell’economia americana; tuttavia, si attende la settimana cruciale delle elezioni presidenziali e del FOMC per dare un volto definitivo alle previsioni e poter prontamente  formularne di nuove.