Il 9 marzo scorso “Italia Oggi” titolava così: “Difficile fare i furbi con l’assegno d’inclusione”. Prima ancora (26 gennaio) il “Secolo d’Italia” aveva preannunciato nientemeno che la fine dell’“era dei furbetti”. Siccome il diavolo fa le pentole ma non i coperchi, ecco che negli ultimi tempi le cronache dei quotidiani locali hanno raccontato di truffe sull’Assegno di inclusione, uno dei due strumenti – l’altro è il Supporto formazione lavoro (Sfl) – con cui a maggio 2023 il governo ha sostituito l’odiatissimo Reddito di cittadinanza.
Il 17 settembre, su “Viterbo Today”, è apparsa la notizia della denuncia, per indebita percezione dell’Adi, di un 36enne italiano. Dalle indagini dei Carabinieri è emerso che l’uomo, che ha intascato cinque mensilità del sussidio per un valore di 3mila euro, “aveva fornito alle autorità informazioni false sulla composizione del proprio nucleo familiare e aveva omesso di comunicare di essere sottoposto a una misura cautelare”. Proprio così.
Circa un mese dopo (15 ottobre) è toccato alla Tgr del Friuli-Venezia Giulia dare conto di un’operazione della Guardia di Finanza di San Vito al Tagliamento, in provincia di Pordenone, durante la quale è stata scoperta una lavoratrice rumena, in nero, beneficiaria dell’Adi. Né i quotidiani nazionali né i programmi televisivi hanno ripreso le due vicende: la solerzia – per non dire la morbosità – con cui venivano trattate vicende simili ai tempi del RdC è andata magicamente in soffitta, ma è lecito chiedersi quante altre storie come queste siano all’oscuro dell’opinione pubblica. In verità, come raccontato più volte da questo giornale, a conti fatti le truffe sul Reddito di cittadinanza hanno rappresentato l’1,68% del totale, sia se parliamo delle somme in denaro sia se ci riferiamo ai soggetti che lo hanno percepito indebitamente.



