BREST IN CHAMPIONS LEAGUE: UNA STORIA DA FINE DEL MONDO

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Brest come città me la sono sempre immaginata sotto la pioggia. Un po’ sarà colpa di Jacques Prévert, un po’ di quella posizione così assurdamente scomoda sulla cartina, messa lì in balia degli elementi all’estremo ovest della Francia, in un dipartimento che si chiama Finistère, dal latino finis terrae, fine della terra.
Che un posto così avesse anche una squadra di calcio fino a poco fa era fatto noto agli appassionati, non certo al grande pubblico che segue il calcio d’elite.
E invece, in questa stagione lo Stade Brestois, noto comunemente come Brest, gioca addirittura la Champions League, e lo fa anche parecchio bene. I bretoni sono infatti subito partiti con due vittorie all’esordio assoluto contro Strurm Graz e Salisburgo, squadre abituate all’Europa, e nella terza gara è arrivato un prestigioso pareggio contro il Bayer Leverkusen campione di Germania. Arrivati già a 7 punti, la prossima gara contro lo Sparta Praga sa tanto di occasione per qualificarsi anzitempo alla fase ad eliminazione diretta, in attesa di far visita al Barcellona al Camp Nou. Una perfomance a cui fa da contraltare qualche difficoltà in campionato, comunque fisiologica per una squadra giovane.
Come è successo tutto questo? Il Brest non è certo una squadra nuova, essendo stato fondato nel 1903 e avendo comunque avuto presenze in massima serie durante la sua movimentata storia. Negli anni ’80 il club era rimasto stabilmente nell’allora Division 1, cogliendo anche un’annata all’8° posto nel 1986/87, sospinto dai 15 gol di Gérard Buscher, che esordì anche in nazionale francese.
Da allora però il club ha dovuto affrontare tante annate nelle serie minori, fino alla quarta divisione, prima di riemergere in Ligue 1 nei primi anni 2000. Un altro giro in Ligue 2, e infine la promozione – per ora – definitiva, nel 2018/19. Da qui sono passati tanti giocatori importanti, tra cui Bernard Lama, Franck Ribéry, Stephane Guivarc’h e il brasiliano Julio César, poi difensore della Juventus e del Borussia Dortmund nei primi anni ’90.
È però nella scorsa stagione che è arrivato il capolavoro. I “pirati” in rosso hanno infatti fatto lo sgambetto a tante grandi storiche, incluso il Rennes battuto 5-4 in primavera, e sono arrivati al 3° posto in campionato, qualificandosi per la Champions. Pazzesco per una squadra che non aveva mai assaporato il calcio europeo.
L’unica vera onta è stato non poter giocare in Europa nel proprio stadio. L’impianto intitolato a Francis-Le Blé, suggestivo con il suo tribunone coperto e le curve scoperte, non è infatti omologato UEFA. Si è dovuti ripiegare sull’assai bello State du Roudourou di Guingamp, dotato di due anelli e pienamente rinnovato nel corso degli anni. I tifosi del Guingamp non l’hanno presa benissimo, dato che c’è rivalità, e non andranno certo ad affollarne gli spalti. Poco male, perché con il Leverkusen c’è stato quasi il tutto esaurito ugualmente.
Sul mercato non sono state fatte spese pazze, ma neanche cessioni sanguinose, mentre è arrivato in prestito dalla Premier il buon Roman Faivre. Troppo il timore di spezzare il giocattolo costruito da Eric Roy, arrivato a gennaio 2023 con la squadra in piena crisi. Roy ha peraltro avuto una traiettoria post-giocatore (era stato un mediano di OL e OM negli anni ’90) davvero stranissima.
Nel 2010/11, quando allenava il Nizza, venne licenziato in tronco per aver partecipato a un viaggio da osservatore in Argentina senza l’approvazione del club. Lui fece causa visto che ricopriva anche la carica di direttore sportivo, e la vinse, ottenendo 300,000€ di risarcimento. Da allora solo incarichi da ds (Lens, Watford), fino alla chiamata in panchina del Brest, dove h