«Operatori e operatrici della salute non dovrebbero essere coinvolte in tale sistema discriminante e degradante per l’essere umano,» scrivono le ONG impegnate nel soccorso in mare sul Protocollo Italia-Albania. «Il ruolo dei medici non è la selezione ma la cura,» le fa eco il presidente della federazione dei medici (FNOMCeO). Queste parole risuonano come un grido di dignità. Medici, infermieri, psicologi e soccorritori, mossi dal valore universalista che guida la loro professione, si rifiutano di obbedire alla disumanità del governo contro i migranti. Si sottraggono così alle indegne procedure di selezione in mare.
La loro presa di posizione è una potente fonte di ispirazione: mostra come ciascuno, partendo dal proprio ruolo nella società, può contribuire alla solidarietà e alla lotta. Rifiutarsi di essere complici della banalità dell’oppressione e sabotarne i meccanismi è un gesto di civiltà a cui tutti, nel nostro quotidiano, siamo chiamati e a cui possiamo rispondere. È un gesto che apre a nuove possibilità.
Non è un caso se proprio medici e infermieri, in questi ultimi giorni, sono scesi in sciopero (con l’85% di adesione) e si sono posti in prima fila nella battaglia per i propri diritti come lavoratori, da tempo compromessi da politiche sanitarie indecenti, ulteriormente aggravati dalla Manovra del governo. Perché un governo che è contro i migranti, non può che essere anche contro i lavoratori.


