Sarebbe interessante chiederci che cosa celebri per Natale l’Occidente “dalle radici cristiane”. La venuta delle slitte di Babbo Natale? È una domanda che si impone di fronte a fatti recenti, troppo frettolosamente derubricati a cronaca politica. Come nel caso della sentenza pro-Salvini. Anche qui non si tratta di deplorare o esaltare, ma di intendere, e intendere significa collocare un evento nel suo contesto generale, cercare di analizzarne le cause e prevederne gli effetti.
Anzitutto la vicenda denuncia una situazione di drammatica insicurezza nell’amministrazione complessiva della Giustizia. L’accelerazione dei processi di trasformazione economica e sociale in ogni settore della nostra vita spiazza sistematicamente il legislatore.
La norma, quando anche venga emessa con coerenza, appare sempre in ritardo, si limita a definire un ordine precario per processi già in atto, fallendo ogni finalità preventiva. Nella imperante confusione tra diritto positivo e “diritti umani”, vengono decise in forma occasionale da una Corte all’altra norme interne e internazionali, tutte le questioni di frontiera, intrecciate tra loro, da quelle riguardanti lo strapotere delle grandi corporazioni economico-finanziarie e le straordinarie innovazioni tecnologiche che esse promuovono, a quelle su fine vita e manipolazione del Dna umano.
Fino alla gestione dei flussi di immigrazione riguardanti più di un decimo dell’umanità, quando diano vita a contraddizioni e “liti” . Il diritto si fa strada attraverso mucchi di contraddittorie sentenze.
La stessa fattispecie può venire giudicata in modo finanche opposto. Questo il primo ragionamento da svolgere in merito alla sentenza Salvini. Il giudice manca di ogni legge univocamente definita e chiaramente applicabile alla quale riferirsi, e da qui l’inevitabile confusione tra diritto, politica, ideologia.
Ciò non significa che, per ciascun ambito della nostra vita, e pur coscienti del disordine globale nel quale viviamo, non possano essere definiti orizzonti di senso, capaci di sovraintendere le nostre azioni, di porle in una coerente prospettiva. Nel caso dei fenomeni di migrazione di massa il quadro è chiaro. Pur investendo l’intero pianeta, essi conoscono il punto di massima drammaticità tra le sponde del Mare fu-nostro.
Spostamenti di masse telluriche: l’intero immenso calderone dell’Africa sub-sahariana preme a Nord, e a ciò si aggiunge l’effetto delle guerre medio-orientali. Il dramma sta nel fatto che, a differenza di altre bibliche migrazioni, come quelle tra ’800 e ’900 dall’Europa alle Americhe, qui il flusso si dirige verso un continente, l’Europa appunto, in profonda crisi politica, economica, culturale, in cui lo stesso processo di unità, se vinceranno le Le Pen e le destre tedesche, si farà prossimo al collasso.
Massimo Cacciari


